Il 22 aprile si celebra la Giornata Mondiale della Terra, quest'anno alla sua 46esima edizione. La prima edizione, Earth Day 1970, fu proposta dal senatore americano Gaylord Nelson a seguito del disastro ambientale causato dalla fuoriuscita di petrolio dal pozzo della Union Oil al largo di Santa Barbara, in California. Nelson decise di portare le questioni ambientali all'attenzione dell'opinione pubblica e del mondo politico. "Tutte le persone, a prescindere dall'etnia, dal sesso, dal proprio reddito o provenienza geografica, hanno il diritto ad un ambiente sano, equilibrato e sostenibile". I recenti avvenimenti purtroppo confermano che c'è ancora un grandissimo bisogno di parlarne.
Da oggi su iniziativa del Segretario Generale delle Nazioni Unite Ban Ki-moon verranno ratificati gli accordi sul clima raggiunti al COP 21 di Parigi lo scorso dicembre. L'obbiettivo sarà quello di mantenere il riscaldamento globale al di sotto dei 2°C entro il 2020. Gli stati che hanno confermato sono oltre 130 e l'accordo entrerà in vigore 30 giorni dopo che almeno 55 paesi avranno ratificato l'accordo.C'è da sperare, per citare Ban Ki-moon, che tali aspirazioni possano essere concretamente trasformate in azioni.
Cosa c'entra tutto questo con l'alimentazione?
I cambiamenti climatici, la perdita di biodiversità (anche di specie coltivate), l'impoverimento del suolo, la disponibilità di acqua dolce e l'acidificazione degli oceani minano la sicurezza alimentare, soprattutto quella delle comunità e degli individui a basso reddito, le cui attività agricole, di pesca e di allevamento dipendono maggiormente dalle condizioni di salute del pianeta. Parliamo di miliardi di persone.
Impatto delle produzioni alimentari sui cambiamenti climatici
Anche se spesso non ce ne rendiamo conto, gli alimenti di cui ci nutriamo, hanno un costo in termini ambientali. Sono il frutto di una catena che ha inizio con la produzione delle materie prime (fertilizzanti, mangimi per gli animali), passa attraverso i processi produttivi, il packaging, i trasporti, la refrigerazione, la vendita, la gestione domestica, fino allo smaltimento e al riciclaggio dei rifiuti. Il sistema alimentare contribuisce al 19-29% delle emissioni di gas serra totali di origine antropica a livello mondiale. Si tratta di quasi 1/3 delle emissioni, non è un dato trascurabile. La produzione agricola contribuisce all'80% di queste emissioni con differenze sostanziali tra i diversi paesi.
Assieme alle necessarie decisioni a livello politico, le nostre scelte alimentari possono avere un impatto notevole sui cambiamenti climatici e sulla nostra salute.
Cosa ne sarebbe della salute umana e di quella dell'ambiente nel 2050 se modificassimo le nostre abitudini alimentari?
Un recente studio condotto all'Università di Oxford prova a dipingere degli scenari.
Secondo le linee guida alimentari proposte dal World Cancer Research Fund e dagli esperti dell'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) e della FAO bisognerebbe:
- consumare minimo cinque porzioni di frutta e verdura al giorno
- consumare non più di 300 g a settimana di carni rosse
- consumare non più di 50 g al giorno di zuccheri semplici
- garantire un apporto energetico medio per la popolazione di 2200/2300 kcal al giorno (è un dato medio che è variabile tra individui diversi)
Considerando le abitudini medie di buona parte della popolazione dei paesi industrializzati sarebbe un'obbiettivo non da poco. Si tratterebbe in sostanza di scegliere un'alimentazione maggiormente incentrata sul consumo di alimenti di origine vegetale.
Che darebbe i suoi frutti. Perché secondo le proiezioni degli studiosi questo cambiamento permetterebbe di evitare circa 5 milioni di decessi, dovuti alle conseguenze della malnutrizione per eccesso o difetto, ogni anno. Nel caso poi si adottasse una dieta vegetariana o vegana si potrebbero evitare un numero compreso tra i 7 gli 8 milioni di decessi all'anno. Più della metà di queste vite verrebbero risparmiate dalla riduzione del consumo delle carni rosse, ironia della sorte proprio nei paesi emergenti.
E l'ambiente? Se gli uomini non scegliessero questa coraggiosa e necessaria "evoluzione" nei consumi alimentari globali le emissioni di gas serra legate alla produzione alimentare aumenterebbero del 51% nel 2050. Questo dato potrebbe essere ridotto del 29% se si abbracciassero le raccomandazioni della Dieta Mediterranea e del 63-70% nel caso di un'alimentazione vegetariana o vegana.
In definitiva per abbracciare le raccomandazioni dell'OMS bisognerebbe aumentare del 25% il consumo globale di frutta e verdura, ridurre del 56% quello di carne rossa e nel complesso gli uomini dovrebbero diminuire l'apporto energetico del 15%.
Questo permetterebbe una più equa ripartizione delle risorse rispetto ai tanti che oggi hanno troppo poco.
"Oggi non
possiamo fare a meno di riconoscere che un vero
approccio ecologico diventa sempre un approccio sociale,
che deve integrare la giustizia nelle discussioni
sull’ambiente, per ascoltare tanto il grido della terra
quanto il grido dei poveri"
Enciclica Laudati Si' sulla cura della Casa Comune, Papa Francesco
Bibliografia:
- http://www.earthday.org/
- Springmann M, Godfray HCJ, Rayner M, Scarborough P - Analysis and valuation of the health and climate change cobenefits of dietary change - PNAS, 2016, 113 (15): 4146-4151
- Vermeulen SJ, Campbell BM, Ingram JSI - Climate Change and Food Systems - Annual Review of Environment and Resources, 2012, 37: 195-222
- Scarborough P, Appleby PN, Mizdrak A, et al. - Dietary greenhouse gas emissions of meat-eaters, fish-eaters, vegetarians and vegans in the UK - Climatic Change, 2014, 125(2):179-192
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