mercoledì 28 febbraio 2018

Quali gamberi portare in tavola (parte 2)? Le specie del Mediterraneo: consigli per un acquisto consapevole. Settimana 11 #SaveHumansThursday



Gli italiani consumano più gamberi di quanti sia possibile reperirne nel Mediterraneo. Il Mediterraneo è in grado di sostenere i nostri attuali consumi? Quali tecniche di pesca vengono utilizzate e quale impatto hanno sugli ecosistemi marini? Di quali informazioni abbiamo bisogno quando acquistiamo i gamberetti?





Non chiamateli semplicemente gamberi, anche se all'apparenza si assomigliano tutti. Hanno 10 zampe, lo stesso numero di segmenti corporei e sono fra loro parenti (parentela condivisa anche con granchi, canocchie e paguri, non si scappa). 

Si tratta di numerose specie di mare e di acqua dolce ricercatissime in Europa, Giappone e USA, i maggiori consumatori al mondo. Tanto che il consumo europeo viene coperto per il 61% da prodotti di importazione. Per quanto riguarda il mercato italiano si tratta soprattutto di crostacei provenienti da Ecuador, Argentina, India, Nord Europa, Thailandia e Vietnam. Gamberetti boreali pescati in Nord Europa o gamberetti tropicali pescati o allevati. L'allevamento dei gamberetti tropicali è una delle principali cause del disboscamento delle foreste di mangrovie, complessi ecosistemi centrali per la sicurezza di uomini, territorio e fauna. Su Ecobriciole ne abbiamo parlato in questo articolo per il progetto SaveHumansThursday.

Un numero sempre maggiore di consumatori, sensibilizzati su tali questioni, si orienta sul pescato del Mediterraneo. Ma la scelta può non essere così semplice e le questioni da dirimere non sono poche. 
Il Mediterraneo è in grado di sostenere i nostri attuali consumi? Quali tecniche di pesca vengono utilizzate e quale impatto hanno sugli ecosistemi marini? Di quali informazioni abbiamo bisogno quando acquistiamo i gamberetti?

I crostacei sono al secondo posto tra le specie ittiche preferite dagli italiani, che ne consumano 133.000 tonnellate all'anno. L'Italia è al quarto posto tra i produttori europei con la cattura di 25.000 tonnellate all'anno, costituite principalmente da gamberi bianchi, canocchie, scampi e gamberi rossi. Ma le importazioni sono 4 volte maggiori! Gli Italiani consumano dunque più crostacei di quanti sia possibile reperirne nel Mediterraneo. Di overfishing - o sovrapesca - abbiamo parlato in questo articolo.


PER INIZIARE: GAMBERI PESCATI O ALLEVATI?


By NOAA
La produzione di crostacei rappresenta circa il 6% del pescato nazionale. Per i gamberi, che vivono sui fondali, la tecnica di pesca principale è quella a strascico, destino condiviso da merluzzi, triglie, polpi, moscardini bianchi, calamaro mediterraneo e totani.

Il 30% della flotta peschereccia italiana pratica la pesca a strascico, una delle tecniche più dannose, basata sull'utilizzo di reti zavorrate che raschiano i fondali  marini distruggendoli  e rastrellando tutto ciò che trovano lungo il loro percorso. Pesci, crostacei, coralli. Molte specie vengono raccolte senza ragione. 



By NOAA
Le tecniche di pesca non selettive causano ogni anno 38,5 milioni di tonnellate di catture accidentali. Circa il 40% del pescato mondiale è rappresentato da animali marini che vengono catturati in modo non intenzionale. Spesso vengono scandalosamente rigettati in mare morti, moribondi o gravemente feriti. Stiamo parlando di esemplari giovani, specie non ricercate ma anche di 300.000 tra delfini e piccole balene, 250.000 tartarughe marine, 300.00 uccelli marini. 

Nell'ottobre del 2017, ad esempio, a largo della costa di Lignano Sabbiadoro, sono state catturate otto giovani tartarughe Caretta caretta in una sola bordata di pesca a strascico. Ma sono state fortunate, il comandate del peschereccio, che aveva già collaborato con il progetto TartaLife, ha avvisato le autorità. E le tartarughe sono tornate al mare. 

L'altra tecnica di pesca utilizzata è quella delle nasse, principalmente legata al mercato artigianale. E' meno invasiva sugli ecosistemi marini, tuttavia non permetterebbe di soddisfare le attuali richieste del mercato. 

Uno strumento nelle mani dei consumatori è la Certificazione di Prodotti da Pesca e Acquacoltura Sostenibile (Friend of the Sea), un programma internazionale che certifica prodotti provenienti sia da acquacoltura che da pesca selvaggia, verificando che l'origine sia conforme a criteri di sostenibilità. 

E poi ci sono gli allevamenti. In Europa la gambericoltura ha mosso i suoi primi passi alla fine degli anni 60 e, dopo un primo periodo di forte impulso, ha conosciuto un notevole rallentamento per via della difficoltà a reperire aree adeguate, per i costi elevati ma anche per la resistenza ad introdurre specie non autoctone.



SI FA PRESTO A DIRE GAMBERO! QUALI SPECIE VENGONO PESCATE NEL MEDITERRANEO?





By Rafael Ortega Díaz
  • Mazzancolla (Penaeus kerathurus), nota anche come gambero imperiale. Pescata nel Mediterraneo, in particolare nel Mare Adriatico. Vive sui fondali sabbiosi e fangosi in prossimità della costa. La colorazione è rosa-marrone con una striscia azzurra nell'ultimo tratto della coda, può raggiungere i 20 cm di lunghezza. Stagionalità: da febbraio a aprile e da settembre a dicembre. 







© Hans Hillewaert
  • Scampo (Nephrops norvegicus). Pescato nel Mediterraneo, soprattutto nel Mar Ligure, Adriatico e Tirreno. Vive sui fondali sabbiosi e fangosi attorno ai 300 metri di profondità. Lo riconoscerete per via delle chele e del colore rosato. Raggiunge circa i 20 cm. Stagionalità: da marzo a luglio.









By Calapito
  • Gambero rosa (Parapenaeus longirostris). Zona di pesca: Mediterraneo soprattutto Mar Ligure, Tirreno, Ionio e Canale di Sicilia. Il colore è rosa chiaro, con sfumature violacee sul carapace. La taglia massima è di 19 cm. Stagionalità: da marzo a giugno.









By Daderot
  • Gambero grigio (Crangon crangon). Pescato nel Mediterraneo. Vive sui fondali sabbiosi in prossimità delle coste entro i 200 m di profondità, ma anche nelle lagune e negli estuari. E' tra i più piccoli, appena 5 cm. Stagionalità: durante i mesi freddi e primaverili.









By Pasqual Broch
  • Gambero viola (Aristeus antennatus). Area di pesca: Mediterraneo, in particolare Mar Ligure, Tirreno, Ionio e Mare di Sicilia. Vive sui fondali fangosi fra i 200 e i 1000 metri di profondità. Dimensioni 10-18 cm. Il colore è rosso con sfumature tendenti al viola e all'azzurro. Stagionalità: fine primavera-fine autunno.











By Civa61
  • Gambero rosso (Aristaeomorpha foliacea). Area di pesca: tutto il Mediterraneo tranne il medio e alto Adriatico. La marineria di Mazara del Vallo ne ha fatto il suo emblema, specializzandosi nella pesca di questo crostaceo. Vive ad una profondità tra i 200 e i 1000 metri. Il colore è rosso intenso e la taglia raggiunge i 20-23 cm. Stagionalità: da maggio a settembre.











IN PESCHERIA: COSA E' IMPORTANTE SAPERE?




  • Imbrunimento. I gamberi sono i prodotti ittici per i quali è maggiormente difficile riconoscere il livello di freschezza. Vanno incontro ad un deterioramento molto veloce, tendono ad annerirsi a un giorno dalla cattura ma sono ancora ottimi per tre giorni. Per questa ragione la scelta di prodotti congelati a bordo della nave, immediatamente dopo la pesca, potrebbe essere una buona soluzione per i meno esperti. E' importante che la testa non si stacchi troppo facilmente e che i gamberi non emanino un marcato odore di ammoniaca. Come gli altri crostacei contengono elevate quantità di aminoacidi che, per degradazione enzimatica e batterica, contribuiscono alla liberazione di azoto e all'insorgenza di odore di ammoniaca;
  • Conservanti e additivi. I gamberi, sia freschi sia surgelati, possono contenere conservanti o additivi, consentiti dalla legge, che devono essere indicati nell'elenco degli ingredienti. Ad esempio sodio benzoato (E211) e solfiti (E222, E223). Questi ultimi vengono utilizzati per ritardare l'imbrunimento della testa e la perdita di colore. A riprova del fatto che non sempre i gamberi con la testa scura sono quelli meno freschi. Quelli trattati con solfiti, pur non essendo anneriti e conservando un colore più vivo, potrebbero essere stati pescati o decongelati molto tempo prima;
  • Zona di pesca.  Prediligete i prodotti della pesca artigianale e locale (per il Mediterraneo le zone FAO sono 37.137.2 e 37.3) di modo da tutelare ambiente, tradizioni, ma anche il reddito delle famiglie impiegate in questo settore;


  • Stagionalità e dimensioni. La stagionalità dipende dal ciclo riproduttivo della specie in questione. Acquistare pescato stagionale significa anche sceglierlo della taglia giusta, evitando gli individui giovani che non si sono ancora riprodotti. Mangiare individui giovani significa impedire ad una specie di riprodursi. Per la maggior parte dei pesci, crostacei e molluschi esiste una taglia al di sotto della quale non possono essere acquistati e commercializzati. Ad esempio è necessario evitare gamberi rosa la cui testa misuri meno 2 cm o scampi le cui dimensioni siano inferiori ai 7 cm:
  • Etichetta. Dal dicembre 2014 è necessario comunicare ai consumatori:

    1 la denominazione commerciale della specie;
    2. il metodo di produzione (pescato o allevato);
    3. la zona in cui il prodotto è stato catturato o allevato e la categoria di attrezzi da pesca usati nella cattura di pesci;
    4. se il prodotto è stato scongelato.

I gamberi pescati nel Mediterraneo sono prodotti ittici pregiati e molto ricercati dai consumatori. Il costo può essere molto elevato, si arriva ai 40 euro al kg per il gambero rosso e ai 50/60 euro al kg per il gambero viola. Anche per questo motivo più del 60% della richiesta viene soddisfatta da prodotti d'importazione, spesso gamberetti tropicali allevati che mettono a dura prova gli ecosistemi forestali. Nel Mediterraneo vengono catturati prevalentemente attraverso la pesca a strascico, la più distruttiva per i fondali e le creature che li abitano, mentre la pesca artigianale con le nasse, che ha un impatto ambientale minore, non può soddisfare le attuali richieste dei consumatori. 

Per questo motivo è preferibile consumare gamberi con parsimonia, scegliendo con cura i prodotti sulla base di provenienza, tecniche di pesca e stagionalità. 

Se volete saperne di più su #SaveHumansThursday, un progetto creato da me e dalla collega e amica dott.ssa Livia Galletti, troverete tutte le informazioni qui.

Seguite gli aggiornamenti sulle nostre pagine Facebook dott.ssa Francesca De Filippis e dott.ssa Livia Galletti.
Vi aspettiamo giovedì prossimo! 

Bibliografia

  • Davies RWD et al - Defining and estimating global marine fisheries bycatch - Marine Policy, 2009; doi:10.1016/j.marpol.2009.01.003;
  • Iborra Martin J - La Pesca in Italia - Unità tematica Politiche strutturali e di coesione, Bruxelles, Parlamento europeo, 2008;
  • ISTAT - Statistiche sulla pesca e zootecnia, Anno 2001 - Informazioni n. 27; 2003. 

giovedì 22 febbraio 2018

#SaveHumansTursday #settimana10: Cambiamenti climatici e cacao, quale futuro?





54 settimane con #SaveHumansThursday per parlare dell'impatto ambientale del cibo su Francesca De Filippis - Biologo Nutrizionista Bologna e  Dott.ssa Livia Galletti Biologo Nutrizionista

Per la #settimana10 di #SaveHumansThursday continuiamo a parlare di cacaocioccolato e ambiente. Questo giovedì ci occuperemo dell'impatto delle condizioni climatiche sul futuro delle piantagioni di cacao.

Qui trovate l'articolo scritto dalla collega e amica dott.ssa Livia Galletti.
Vi aspettiamo giovedì prossimo!

mercoledì 14 febbraio 2018

Quali gamberi portare in tavola (parte 1)? L'allevamento dei gamberetti tropicali e il destino delle foreste di mangrovie. Settimana 9 #SaveHumansThursday



L'allevamento dei gamberetti tropicali è una delle principali cause del disboscamento delle foreste di mangrovie, complessi ecosistemi centrali per la sicurezza di uomini, territorio e fauna. I gamberetti tropicali destinati al mercato europeo sono controllati per la sicurezza e l'igiene, ma non per la sostenibilità ecologica e sociale. 



by Shanghai Agriculture
Europa, USA e Giappone hanno fame di gamberi. Gli oceani, fortemente impoveriti dal
sovrasfruttamento delle risorse ittiche, non possono rispondere a tale domanda. Su Ecobriciole ne abbiamo parlato in questo articolo per il progetto SaveHumansThursday.

La maggioranza dei gamberetti in commercio è tropicale. Catturati attraverso pesca a strascico, una tecnica distruttiva per l'ambiente marino (ad esempio per le barriere coralline) e responsabile della cattura accidentale di altri animali (pesci, squali, tartarughe e non solo) oppure, per la maggior parte, allevati.

L'allevamento potrebbe sembrare, in prima analisi, una buona soluzione. Ma è proprio così?








COSA SI INTENDE PER GAMBERETTI TROPICALI




By Gayandream
                                                                                Nei banchi del pesce o tra i surgelati li troviamo con questi nomi: gamberi indiani (Parapenaeopsis stylifera), gamberi vietnamiti (Penaeus monodon), "gamberi selvaggi" dell'Oceano Indiano (le confezioni spesso contengono un misto di Metapenaeus monoceros, M. dobsoni, M. affinis), i gamberetti argentini (che sono pescati, ma spesso con tecniche industriali, Pleoticus muelleri o Hymenopenaeus muelleri).

Possiamo chiamarli semplicemente gamberetto tigrato nero, gamberetto tigrato bruno, gamberetto bianco, ecc ecc.

I gamberetti possono vivere nelle acque fredde, nelle acque tropicali o in acque dolci e , sebbene si tratti di specie diverse, negli USA vengono designati col termine generico shrimp. Gamberetti appunto. 









DOVE E IN CHE MODO VENGONO ALLEVATI?




by AMNH/CBC
  • Asia (per l'89%) e Sud America sono i maggiori produttori nel mondo. In particolare Thailandia, Bangladesh, India, Cina, Indonesia, Vietnam. Ma anche Australia. La produzione annuale di gamberetti in Asia è passata da circa 1.000 tonnellate nel 1950  a quasi 2.500.000 nel 2005. 
  • Gli allevamenti si trovano nelle zone costiere e lungo i fiumi. Enormi distese di stagni costieri e baie, dove un tempo la popolazione locale poteva pescare, sono andati distrutti. E insieme a loro le foreste di mangrovie.
  • Le tecniche di allevamento possono essere diverse per dimensioni delle vasche e personale impiegato. Si parla di allevamenti tradizionali, intensivi o estensivi. Nel 50-60% dei casi si tratta di allevamenti di tipo estensivo che rappresentano una fonte di impiego per le popolazioni locali.






by Mangrove Action Project
  • Disgraziatamente sono proprio gli allevamenti estensivi ad arrecare il maggiore danno alle foreste di mangrovie, per via delle loro dimensioni e poiché sono situati nelle zone intertidali (zone litoranee che dipendono dalle maree, in quanto sono emerse in condizioni di bassa marea e sommerse con l'alta marea). Spesso in questi casi i gamberetti accedono alle vasche seguendo le maree, come negli allevamenti tradizionali, ma vengono utilizzati prodotti chimici per la cattura dei pesci, che si lasciano alle spalle un terreno oramai sterile. Ma anche gli allevamenti intensivi danno il loro contributo attraverso mangimi e sostanze chimiche riversati nelle acque. 
  • Diverso il caso degli allevamenti industriali dedicati al mercato estero, che si avvalgono delle uniche certificazioni di sostenibilità ambientale e sociale disponibili: l'ASC (Acquacolture Stewardship Council) e GlobalGap. Sono costose e solo le grandi società possono permettersele. Ma, soprattutto per il mercato europeo, sono fondamentali, vista l'attenzione dell'opinione pubblica e gli elevati standard di sicurezza richiesti dall'Europa.
  • Dal 1980 ad oggi nel mondo sono andati perduti 3,6 milioni di ettari di foreste di mangrovie, il 26% del totale. Tale declino è variabile tra paesi differenti e va dal 50% del Sud America all'81% di Singapore. La FAO ha citato tra le principali cause di distruzione la pressione demografica, la trasformazione su larga scala di mangrovieti in siti per l’allevamento di gamberi e pesce, l’agricoltura (palme da olio), le infrastrutture, il turismo, l’inquinamento e i disastri naturali. Gli allevamenti di gamberetti sono la causa di circa il 38% della deforestazione.




LE FORESTE DI MANGROVIE: PROTETTRICI DI UOMINI, FAUNA E TERRITORIO




by Anton Bielousov
Cosa sono le foreste di mangrovie e per quale motivo sono così importanti?


I mangrovieti sono foreste tipiche delle zone tropicali e subtropicali, costituite da alberi che tollerano le acque saline e sono in grado di crescere nelle zone sommerse dall'acqua di mare quando si alza la marea.

Le paludi di mangrovie sono ecosistemi presenti lungo le coste, le lagune, i fiumi e i delta.

Tra le numerose funzioni:

  • proteggono le aree costiere da cicloni, venti, alluvioni ed erosione. Le conseguenze della deforestazione sono risultate evidenti per gli effetti devastanti dello tsunami che ha colpito numerose aree costiere asiatiche nel 2004;
  • sono fonte di legname e cibo per uomini e animali;





by Ippei and Janine Naoi
  • costituiscono un habitat ideale per  numerosi animali. Tigri, cervi, coccodrilli, serpenti, otarie per citarne alcuni. Rappresentano un rifugio sicuro per molti uccelli migratori durante l'inverno settentrionale. Ospitano giovani pesci, crostacei e molluschi i cui habitat da adulti saranno ambienti pelagici e costieri, ma anche le barriere coralline;
  • sequestrano una quantità di anidride carbonica quattro volte superiore a quella assorbita normalmente dalla vegetazione tropicale, contribuendo in tal modo alla mitigazione dei cambiamenti climatici.









PER QUALI MOTIVI L'ALLEVAMENTO DEI GAMBERETTI TROPICALI SU LARGA SCALA NON E' UNA SOLUZIONE SOSTENIBILE?






by Shrimp Farming Honduras 
 Jesse Allen NASA Earth Observatory
  • Le farine di pesce e i pesci selvatici catturati per nutrire i gamberetti hanno un peso 2-3 volte superiore rispetto a quello dei gamberi prodotti. Ciò contribuisce all'esaurimento degli stock ittici nei mari. Un'azienda che incassa meno di quanto spende sarebbe ritenuta sostenibile?
  • Le acque di scarico sono cariche di nutrienti come azoto e fosforo a causa dei mangimi in esse contenuti e possono causare eutrofizzazione (ovvero la proliferazione di alghe e la morte per asfissia dei pesci).
  • Utilizzo di fertilizzanti, necessari a stimolare la crescita del plancton di cui i gamberetti si nutrono, e di calce. Ma anche di formalina e cloro, utilizzate contro i patogeni, antibiotici ed altre sostanze chimiche. Alcuni di questi prodotti hanno effetti tossici per gli altri animali marini.












by Gund Institute for Ecological Economics
  • Prelievo di acqua dalle falde acquifere con conseguente riduzione di acqua potabile per la popolazione e l'agricoltura. In molte aree la riduzione di acqua disponibile e la distruzione dei mangrovieti ha causato la salinizzazione del suolo, non più utilizzabile per scopi agricoli.
  • Le popolazioni locali raramente traggono beneficio dai profitti connessi alla gambericoltura, con conseguente aumento delle disparità sociali. Inoltre i gamberetti non possono essere utilizzati per soddisfare i loro bisogni alimentari, in quanto prodotti per essere esportati. La distruzione dei mangrovieti ha ridotto la presenza di pesci selvaggi, mettendo in ginocchio i piccoli villaggi di pescatori, e le risaie sono state in parte convertite in allevamenti di gamberetti. 
  • Interi insediamenti umani sono stati sommersi dalle acque a causa della deforestazione e i terreni, ormai privati delle radici, erosi dal mare.











Va detto che la crescente consapevolezza globale riguardo all'impatto dell'allevamento di gamberetti tropicali ha portato alla pubblicazione di numerose linee guida internazionali di indirizzo per gli aspetti tecnici, politici e normativi di tali attività. Unitamente alle certificazioni per le migliori pratiche di gestione, il commercio solidale, le pratiche produttive biologiche e la tracciabilità del prodotto. 


Local volunteers plant mangroves at an abandoned
shrimp farm by Mangrove Action Project
Inoltre, in alcun aree, sono stati messi in atto progetti per la riqualificazione dei terreni e il rimboschimento

La perdita delle foreste di mangrovie continua, ma è in declino. 


I gamberetti tropicali in vendita in Europa e che finiscono nei nostri piatti sono sicuri per via degli alti standard dei controlli di qualità e sicurezza eseguiti lungo tutta la filiera. Così come sono stabiliti e controllati i livelli di additivi e fertilizzati. Diverso il caso dei prodotti destinati alla vendita interna nei paesi di produzione. 

In definitiva i gamberetti tropicali allevati sono controllati per la sicurezza e l'igiene, ma non per la sostenibilità ecologica e sociale. 






Gli standard imposti ai produttori europei sono invece molto più elevati, anche in termini di sostenibilità ambientale. Per questo i  prezzi sono maggiori.

A breve, su #SaveHumansThursday, un approfondimento sull'impatto ambientale di allevamento, pesca e stagionalità dei gamberetti in Europa. 

Se volete saperne di più su #SaveHumansThursday, un progetto creato da me e dalla collega e amica dott.ssa Livia Galletti, troverete tutte le informazioni qui.

Seguite gli aggiornamenti sulle nostre pagine Facebook dott.ssa Francesca De Filippis e dott.ssa Livia Galletti.

Vi aspettiamo giovedì prossimo!  





Bibligrafia


  • Ashton Ec - The impact of shrimp farming on mangrove ecosystems - CAB Reviews: Perspectives in Agriculture, Veterinary Science, Nutrition and Natural Resources, 2008; doi: 10.1079/PAVSNNR20083003;
  • Gillett R - Global study of shrimp fisheries - FAO Fisheries Technical Paper. No. 475. Rome, FAO. 2008. 331p.
  • Saenger P, Gartside D, Funge-Smith S - A review of mangrove and seagrass ecosystems and their linkage to fisheries and fisheries management - FAO Regional Office for Asia and the Pacific, Bangkok, Thailand, RAP Publication 2013(09), 74 pp.

  • World Bank, NACA, WWF and FAO - Shrimp Farming and the Environment. A World Bank, NACA, WWF and FAO Consortium Program “To analyze and share experiences on the better management of shrimp aquaculture in coastal areas” - Synthesis report. Work in Progress for Public Discussion. Published by the Consortium, 2002; 119 pages.

Sitografia

  • Pasotti J, Zavoli E, D'Alfonso A - Per un pugno di gamberetti - link

domenica 11 febbraio 2018

Siamo fritti! La ricetta delle castagnole




Carnevale... tempo di fritti! Quali accorgimenti sono necessari per ottenere un fritto di buona qualità e quali gli effetti conosciuti sull'organismo umano?




Temuto, scacciato, confuso col soffritto, bollato come "non salubre" senza se e senza ma.
L'inopportuno seccatore, a ben rifletterci, ispira il liberatorio - Vai a farti friggere! -
Il verbo bollire non sarebbe altrettanto soddisfacente.

D'altronde tutto ciò che si frigge è buono da mangiare. Lo avevano capito i Romani, ma anche nel Medioevo e nel Rinascimento non scherzavano. 

Il Maestro Martino da Como, il più rinomato cuoco del Quattrocento, gli dedicò l'intero capitolo "Per far ogni frictella"  del famoso "Libro de arte coquinaria". Fritti di ogni tipo, per il Carnevale e la Quaresima.

E visto che siamo a Carnevale anche su Ecobriciole, con l'aiuto dello chef Michele Leo, ci siamo messi a friggere di buona lena. I lettori più affezionati conoscono già Michele, che ci ha parlato di pizza in questo articolo e ci ha mostrato come prepararla in casa in questo video




LA RICETTA DELLE CASTAGNOLE




Farina 00 500 g
Lievito chimico 5 g
Zucchero semolato 90 g
Sale fino 3 g
Buccia grattugiata di 1 arancia non trattata
Burro 125 g
Bacche di vaniglia 1
3 uova intere
Rum bianco 25 g








Come preparare le castagnole? Semplicissimo. Gli ingredienti devono essere impastati fino ad
ottenere una consistenza liscia ma non elastica.  A questo punto l'impasto deve essere lasciato riposare per 1 ora a temperatura ambiente. Noi lo abbiamo lasciato riposare in frigo di modo che il burro si solidificasse, rendendo più semplice la successiva lavorazione. Trascorsa un'ora bisogna formare dei bastoncini sottili, che andranno tagliati in pezzetti della lunghezza di circa 2 cm a cui dare la forma di piccole palline.

Per friggere abbiamo scelto olio di arachide portato precedentemente a 175-180 °C. Una volta cotte le castagnole vanno asciugate bene in carta assorbente e passate nello zucchero semolato quando sono ancora calde. 








LE CASTAGNOLE SONO PRONTE! MA... LE POSSIAMO MANGIARE?

La salvifica risposta è si, purché la frittura sia preparata nel modo corretto e non si ecceda con la frequenza e le quantità! A meno che non siano presenti patologie epatiche o pancreatiche, in cui la cautela è necessaria. 

Per cui NON è necessario affannarsi a  far sparire l'agognato fritto regalandolo a parenti e amici - che magari avevano appena deciso di mettersi a dieta pure loro - e no... la dieta non è finita in tragedia. Se l'organismo non avesse la capacità di affrontare un fritto di tanto in tanto, come spesso amo affermare, l'evoluzione dell'Homo sapiens si sarebbe bruscamente interrotta qualche migliaio di anni fa. 

L'amore per il fritto, d'altro canto, è riuscito a superare almeno 60 anni di raccomandazioni nutrizionali volte a contenere il più possibile i grassi e che spesso sono state vissute come diktat assoluti. I grassi vengono comunemente percepiti come l'unica causa di patologie cardiovascolari e diabete. La conseguenza è spesso un abuso di alimenti ricchi di amido o zuccheri semplici che, se presenti in maniera massiccia e stimolando oltre il necessario la secrezione d'insulina, non sono da meno nel danneggiare la nostra salute. In nutrizione è necessario contestualizzare e usare i "se" e i "ma". Sempre. 
Un adeguato apporto di grassi di buona qualità è necessario per il corretto sviluppo del cervello, la funzionalità delle cellule, l'assorbimento di alcune vitamine, la salute endocrina e riproduttiva. E inoltre sono sazianti. 

Il fritto, se ben fatto, può addirittura stimolare alcune funzioni metaboliche. 

Vediamone alcune:


  • stimola la cistifellea, un piccolo sacchetto che riversa nel duodeno la bile prodotta dal fegato, a contrarsi, favorendo la digestione;
  • stimola la funzione epatica e di conseguenza la sintesi proteica e l'eliminazione dei cataboliti;
  • riduce l'impatto glicemico del pasto rallentando la velocità con cui gli zuccheri vengono assorbiti, modulando in questo modo la secrezione di insulina;
  • il rapido shock termico riduce la perdita di nutrienti durante la cottura grazie alla formazione della crosticina, frutto della disidratazione della parte esterna dell'alimento;
  • con gli oli giusti è possibile migliorare il potere nutritivo degli alimenti. Ad esempio, i carciofi fritti aumentano del 500% la loro Capacità Antiossidante Totale (TAC).



COSA ACCADE ALL'OLIO DURANTE LA FRITTURA

Quando si scalda un olio o un grasso ad una temperatura adeguata alla frittura si innescano vari tipi di reazioni chimiche tra cui l'idrolisi e l'ossidazione per il contatto con l'aria. Un'eccessiva formazione dei prodotti dell'ossidazione conferisce sapore rancido ed è la più pericolosa tra tutte le trasformazioni chimiche subite dall'olio. 
Aspetti importanti da tenere in considerazione sono il "punto di fumo", ovvero la temperatura alla quale l'olio inizia spontaneamente ad ossidarsi a contatto con l'aria e a decomporsi producendo sostanze tossiche, e  il grado di insaturazione dell'olio o del grasso utilizzato. Maggiore è il grado di insaturazione più la molecola è suscettibile alla degradazione, ovvero all'idrolisi e all'ossidazione, amplificata in presenza di elevate temperature. Il punto di fumo è in genere inversamente proporzionale alla quantità di acidi grassi insaturi presenti.

Fa eccezione l’olio extravergine di oliva: pur essendo ricco di acidi grassi monoinsaturi e avendo un punto di fumo più basso rispetto ad altri oli (210 °C), la presenza di polifenoli ad attività antiossidante gli conferisce una maggiore resistenza al calore. 

Pertanto l'olio extravergine di oliva è ottimo per la frittura, anche se il sapore più deciso degli alimenti non è gradito da tutti. Inoltre rappresenta una soluzione piuttosto costosa.
In alternativa è consigliabile utilizzare olio di arachidi il cui punto di fumo é a 220 °C.

Olio di mais e di soia, ricchi di acidi grassi polinsaturi, sono facilmente ossidabili, mentre l'olio di girasole presenta una resistenza media al calore, benché, nella sua variante alto oleico è più stabile alle alte temperature. 

Tra i grassi di origine animale il burro è poco stabile alle alte temperature (punto di fumo 130°C), maggiormente resistente se chiarificato, mentre il lardo suino è ricco di acidi grassi saturi che gli conferiscono alto punto di fumo e stabilità (250°C). La presenza di elevate quantità di grassi saturi non lo rendono tuttavia la scelta migliore per la prevenzione cardiovascolare. 


Tra i composti derivanti dall'ossidazione dei grassi o dal trattamento ad alte temperature degli alimenti troviamo:


  • Acroleina, derivante dall'ossidazione termica dei grassi. Si riconosce dalla produzione di fumi dall'odore acre. Sostanza con azione irritante sulle mucose e altamente tossica
  • Acrilammide, derivante dalla frittura di cibi ricchi di amido a temperature troppo elevate. Sostanza genotossica e classificata dallo IARC (International Agency for research in Cancer) come probabile cancerogeno (gruppo A2). Si forma in tutti i casi di cotture ad alta temperatura, incluse cotture al forno e alla griglia, a partire da zuccheri e aminoacidi attraverso la reazione di Maillard, che conferisce al cibo l'appetitoso sapore di abbrustolito. Nel 2015 l'EFSA ha emanato un parere scientifico di valutazione del rischio per la salute, confermando un potenziale aumento nel rischio di tumori. Va detto che i risultati di studi effettuati su uomo forniscono prove limitate e discordanti, pertanto saranno necessari ulteriori ricerche
  • Ammine eterocicliche ad azione mutagena e cancerogena. La loro formazione dipende dalla temperatura. 
  • Idrocarburi policiclici aromatici. Classe eterogenea di composti, alcuni dei quali indicati come cancerogeni e interferenti endocrini, che si producono a seguito di processi di combustione.







ALCUNI CONSIGLI PER OTTENERE UN BUON FRITTO


  • Scegliere l'olio adeguato (possibilmente extravergine di oliva o di arachidi);
  • Non superare la temperatura di 180°C durante la cottura. E' possibile aiutarsi con un termometro da cucina;
  • Scartare l'olio quando il colore inizia ad imbrunire o non utilizzarlo più di una volta;
  • Evitare la pratica della ricolmatura, ovvero l'aggiunta di olio fresco a quello usato. L'olio fresco si altera più velocemente  a contatto con l'usato;
  • Conservare gli oli lontani dalle fonti di luce;
  • Aggiungere sale, zucchero o spezie a cottura terminata;
  • Non riempire eccessivamente la padella. I pezzi hanno bisogno di essere circondati da grasso in grado di mantenere la corretta temperatura (che si abbassa quando aumentiamo il numero di pezzi) per permettere la rapida formazione della crosticina esterna e dunque l'assorbimento di una quota inferiore di grasso;
  • Asciugare l'alimento con carta assorbente non appena estratto dall'olio; 
  • Non lesinare sulla quantità di olio! L'alimento deve essere completamente immerso nell'olio (per questo detto olio profondo), pena l'assorbimento di dosi ingenti di olio. Meno olio userete, più l'alimento ne assorbirà; 
  • E' preferibile friggere pezzi piccoli in modo da ridurre il tempo di cottura.

Buon Carnevale!




Bibliografia


  • AA.VV - Il Buon Fritto – Giunti, Slow Food Editore, 2016
  • Bressanini D - La temperatura dell'olio che fuma -  Le Scienze n.542, ott 2013
  • EFSA CONTAM Panel (EFSA Panel on Contaminants in the Food Chain) - Scientific opinion on acrylamide in food - EFSA Journal 2015;13(6):4104
  • FOSAN (Fondazione per lo Studio degli Alimenti e della Nutrizione) - Il processo di frittura: ricerca e innovazione - Rivista di Scienza dell'Alimentazione, supplemento al numero 1/2011
  • Santos CSP, Molina-Garcia L, Cunha SC, Casal S - Fried potatoes: Impact of prolonged frying in monounsaturated oils - Food Chem, 2018, 15(243):192-201


giovedì 8 febbraio 2018

Settimana 8 #SaveHumansThursday. Cacao e ambiente, una storia d'amore?



54 settimane con #SaveHumansThursday per parlare dell'impatto ambientale del cibo su Francesca De Filippis - Biologo Nutrizionista Bologna e  Dott.ssa Livia Galletti Biologo Nutrizionista
Iniziamo una serie di articoli dedicati all'universo di cacaocioccolato e cioccolata.
Qual è l'impatto ambientale, misurato come impronta idrica, di una barretta di cioccolato?
Qui trovate l'articolo scritto dalla collega e amica dott.ssa Livia Galletti.
Vi aspettiamo giovedì prossimo!