domenica 11 febbraio 2018

Siamo fritti! La ricetta delle castagnole




Carnevale... tempo di fritti! Quali accorgimenti sono necessari per ottenere un fritto di buona qualità e quali gli effetti conosciuti sull'organismo umano?




Temuto, scacciato, confuso col soffritto, bollato come "non salubre" senza se e senza ma.
L'inopportuno seccatore, a ben rifletterci, ispira il liberatorio - Vai a farti friggere! -
Il verbo bollire non sarebbe altrettanto soddisfacente.

D'altronde tutto ciò che si frigge è buono da mangiare. Lo avevano capito i Romani, ma anche nel Medioevo e nel Rinascimento non scherzavano. 

Il Maestro Martino da Como, il più rinomato cuoco del Quattrocento, gli dedicò l'intero capitolo "Per far ogni frictella"  del famoso "Libro de arte coquinaria". Fritti di ogni tipo, per il Carnevale e la Quaresima.

E visto che siamo a Carnevale anche su Ecobriciole, con l'aiuto dello chef Michele Leo, ci siamo messi a friggere di buona lena. I lettori più affezionati conoscono già Michele, che ci ha parlato di pizza in questo articolo e ci ha mostrato come prepararla in casa in questo video




LA RICETTA DELLE CASTAGNOLE




Farina 00 500 g
Lievito chimico 5 g
Zucchero semolato 90 g
Sale fino 3 g
Buccia grattugiata di 1 arancia non trattata
Burro 125 g
Bacche di vaniglia 1
3 uova intere
Rum bianco 25 g








Come preparare le castagnole? Semplicissimo. Gli ingredienti devono essere impastati fino ad
ottenere una consistenza liscia ma non elastica.  A questo punto l'impasto deve essere lasciato riposare per 1 ora a temperatura ambiente. Noi lo abbiamo lasciato riposare in frigo di modo che il burro si solidificasse, rendendo più semplice la successiva lavorazione. Trascorsa un'ora bisogna formare dei bastoncini sottili, che andranno tagliati in pezzetti della lunghezza di circa 2 cm a cui dare la forma di piccole palline.

Per friggere abbiamo scelto olio di arachide portato precedentemente a 175-180 °C. Una volta cotte le castagnole vanno asciugate bene in carta assorbente e passate nello zucchero semolato quando sono ancora calde. 








LE CASTAGNOLE SONO PRONTE! MA... LE POSSIAMO MANGIARE?

La salvifica risposta è si, purché la frittura sia preparata nel modo corretto e non si ecceda con la frequenza e le quantità! A meno che non siano presenti patologie epatiche o pancreatiche, in cui la cautela è necessaria. 

Per cui NON è necessario affannarsi a  far sparire l'agognato fritto regalandolo a parenti e amici - che magari avevano appena deciso di mettersi a dieta pure loro - e no... la dieta non è finita in tragedia. Se l'organismo non avesse la capacità di affrontare un fritto di tanto in tanto, come spesso amo affermare, l'evoluzione dell'Homo sapiens si sarebbe bruscamente interrotta qualche migliaio di anni fa. 

L'amore per il fritto, d'altro canto, è riuscito a superare almeno 60 anni di raccomandazioni nutrizionali volte a contenere il più possibile i grassi e che spesso sono state vissute come diktat assoluti. I grassi vengono comunemente percepiti come l'unica causa di patologie cardiovascolari e diabete. La conseguenza è spesso un abuso di alimenti ricchi di amido o zuccheri semplici che, se presenti in maniera massiccia e stimolando oltre il necessario la secrezione d'insulina, non sono da meno nel danneggiare la nostra salute. In nutrizione è necessario contestualizzare e usare i "se" e i "ma". Sempre. 
Un adeguato apporto di grassi di buona qualità è necessario per il corretto sviluppo del cervello, la funzionalità delle cellule, l'assorbimento di alcune vitamine, la salute endocrina e riproduttiva. E inoltre sono sazianti. 

Il fritto, se ben fatto, può addirittura stimolare alcune funzioni metaboliche. 

Vediamone alcune:


  • stimola la cistifellea, un piccolo sacchetto che riversa nel duodeno la bile prodotta dal fegato, a contrarsi, favorendo la digestione;
  • stimola la funzione epatica e di conseguenza la sintesi proteica e l'eliminazione dei cataboliti;
  • riduce l'impatto glicemico del pasto rallentando la velocità con cui gli zuccheri vengono assorbiti, modulando in questo modo la secrezione di insulina;
  • il rapido shock termico riduce la perdita di nutrienti durante la cottura grazie alla formazione della crosticina, frutto della disidratazione della parte esterna dell'alimento;
  • con gli oli giusti è possibile migliorare il potere nutritivo degli alimenti. Ad esempio, i carciofi fritti aumentano del 500% la loro Capacità Antiossidante Totale (TAC).



COSA ACCADE ALL'OLIO DURANTE LA FRITTURA

Quando si scalda un olio o un grasso ad una temperatura adeguata alla frittura si innescano vari tipi di reazioni chimiche tra cui l'idrolisi e l'ossidazione per il contatto con l'aria. Un'eccessiva formazione dei prodotti dell'ossidazione conferisce sapore rancido ed è la più pericolosa tra tutte le trasformazioni chimiche subite dall'olio. 
Aspetti importanti da tenere in considerazione sono il "punto di fumo", ovvero la temperatura alla quale l'olio inizia spontaneamente ad ossidarsi a contatto con l'aria e a decomporsi producendo sostanze tossiche, e  il grado di insaturazione dell'olio o del grasso utilizzato. Maggiore è il grado di insaturazione più la molecola è suscettibile alla degradazione, ovvero all'idrolisi e all'ossidazione, amplificata in presenza di elevate temperature. Il punto di fumo è in genere inversamente proporzionale alla quantità di acidi grassi insaturi presenti.

Fa eccezione l’olio extravergine di oliva: pur essendo ricco di acidi grassi monoinsaturi e avendo un punto di fumo più basso rispetto ad altri oli (210 °C), la presenza di polifenoli ad attività antiossidante gli conferisce una maggiore resistenza al calore. 

Pertanto l'olio extravergine di oliva è ottimo per la frittura, anche se il sapore più deciso degli alimenti non è gradito da tutti. Inoltre rappresenta una soluzione piuttosto costosa.
In alternativa è consigliabile utilizzare olio di arachidi il cui punto di fumo é a 220 °C.

Olio di mais e di soia, ricchi di acidi grassi polinsaturi, sono facilmente ossidabili, mentre l'olio di girasole presenta una resistenza media al calore, benché, nella sua variante alto oleico è più stabile alle alte temperature. 

Tra i grassi di origine animale il burro è poco stabile alle alte temperature (punto di fumo 130°C), maggiormente resistente se chiarificato, mentre il lardo suino è ricco di acidi grassi saturi che gli conferiscono alto punto di fumo e stabilità (250°C). La presenza di elevate quantità di grassi saturi non lo rendono tuttavia la scelta migliore per la prevenzione cardiovascolare. 


Tra i composti derivanti dall'ossidazione dei grassi o dal trattamento ad alte temperature degli alimenti troviamo:


  • Acroleina, derivante dall'ossidazione termica dei grassi. Si riconosce dalla produzione di fumi dall'odore acre. Sostanza con azione irritante sulle mucose e altamente tossica
  • Acrilammide, derivante dalla frittura di cibi ricchi di amido a temperature troppo elevate. Sostanza genotossica e classificata dallo IARC (International Agency for research in Cancer) come probabile cancerogeno (gruppo A2). Si forma in tutti i casi di cotture ad alta temperatura, incluse cotture al forno e alla griglia, a partire da zuccheri e aminoacidi attraverso la reazione di Maillard, che conferisce al cibo l'appetitoso sapore di abbrustolito. Nel 2015 l'EFSA ha emanato un parere scientifico di valutazione del rischio per la salute, confermando un potenziale aumento nel rischio di tumori. Va detto che i risultati di studi effettuati su uomo forniscono prove limitate e discordanti, pertanto saranno necessari ulteriori ricerche
  • Ammine eterocicliche ad azione mutagena e cancerogena. La loro formazione dipende dalla temperatura. 
  • Idrocarburi policiclici aromatici. Classe eterogenea di composti, alcuni dei quali indicati come cancerogeni e interferenti endocrini, che si producono a seguito di processi di combustione.







ALCUNI CONSIGLI PER OTTENERE UN BUON FRITTO


  • Scegliere l'olio adeguato (possibilmente extravergine di oliva o di arachidi);
  • Non superare la temperatura di 180°C durante la cottura. E' possibile aiutarsi con un termometro da cucina;
  • Scartare l'olio quando il colore inizia ad imbrunire o non utilizzarlo più di una volta;
  • Evitare la pratica della ricolmatura, ovvero l'aggiunta di olio fresco a quello usato. L'olio fresco si altera più velocemente  a contatto con l'usato;
  • Conservare gli oli lontani dalle fonti di luce;
  • Aggiungere sale, zucchero o spezie a cottura terminata;
  • Non riempire eccessivamente la padella. I pezzi hanno bisogno di essere circondati da grasso in grado di mantenere la corretta temperatura (che si abbassa quando aumentiamo il numero di pezzi) per permettere la rapida formazione della crosticina esterna e dunque l'assorbimento di una quota inferiore di grasso;
  • Asciugare l'alimento con carta assorbente non appena estratto dall'olio; 
  • Non lesinare sulla quantità di olio! L'alimento deve essere completamente immerso nell'olio (per questo detto olio profondo), pena l'assorbimento di dosi ingenti di olio. Meno olio userete, più l'alimento ne assorbirà; 
  • E' preferibile friggere pezzi piccoli in modo da ridurre il tempo di cottura.

Buon Carnevale!




Bibliografia


  • AA.VV - Il Buon Fritto – Giunti, Slow Food Editore, 2016
  • Bressanini D - La temperatura dell'olio che fuma -  Le Scienze n.542, ott 2013
  • EFSA CONTAM Panel (EFSA Panel on Contaminants in the Food Chain) - Scientific opinion on acrylamide in food - EFSA Journal 2015;13(6):4104
  • FOSAN (Fondazione per lo Studio degli Alimenti e della Nutrizione) - Il processo di frittura: ricerca e innovazione - Rivista di Scienza dell'Alimentazione, supplemento al numero 1/2011
  • Santos CSP, Molina-Garcia L, Cunha SC, Casal S - Fried potatoes: Impact of prolonged frying in monounsaturated oils - Food Chem, 2018, 15(243):192-201


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