mercoledì 30 marzo 2016

Perché un altro blog di nutrizione: il paradosso del cibo


L'idea mi ronzava in testa da un po'. Mi chiedevo - Servirà l'ennesimo blog in cui si parla di alimentazione?-
D'altronde si tratta del mio lavoro, sarei poco credibile se mi mettessi a scrivere di giardinaggio. Non ho neppure il pollice verde. Sono riuscita a sterminare tutte le piante disgraziatamente affidate alle mie cure. Il più delle volte per eccesso di zelo.

Parliamoci chiaramente: si legge ovunque di cibo. Viene fotografato, è uno dei principali argomenti di conversazione quando si è a tavola, dove naturalmente si mangia.
Non c'è giorno in cui non si parli di diete ad esempio di quella mediterranea di cui molti parlano, ma che non tutti conoscono davvero.

Verrebbe da pensare che le persone, come in molti dicono, ormai sappiano cosa mangiare.

Umberto Eco nel suo editoriale per l'Espresso "Che casino, troppe informazioni" aveva proposto la tesi secondo cui un eccesso di informazione possa portare ad una "censura per eccesso di rumore". L'information overload ha portato certamente ad un arricchimento dell'offerta, ma anche ad un impoverimento nei riferimenti. Come possono le persone riconoscere quali sono le fonti a cui potersi affidare? 

Insomma un po come quando Carrie Bradshaw, personaggio della serie televisiva "Sex and the City", esclama:
"Ed eccomi di nuovo con il solito problema: un armadio pieno di vestiti e niente da mettermi!".

Dunque con tutto questo tam tam le persone hanno compreso come alimentarsi?

Secondo i dati OCSE (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico) in Italia le persone in sovrappeso o obese sono il 45 % della popolazione adulta (la media dei Paesi OCSE  è del 51,4 %). I dati risultano allarmanti e rispondono in maniera esaustiva alla precedente domanda. Non parliamo solo di paesi che godono di un buon livello di benessere, il problema si sta estendendo anche ad alcuni paesi in via di sviluppo. In alcuni casi è proprio l'impossibilità economica di accedere a cibo con un buon livello nutritivo che costringe a nutrirsi in maniera inadeguata. La malnutrizione non è solo per difetto.

La rivista scientifica "The Lancet" nel 2012  ha dedicato un intero numero alla più  grande indagine sulla salute mondiale ad oggi condotta, ovvero il Global Burden of Disease (bilancio globale della salute), elaborato per conto dell'OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità). Nello studio si valuta la diffusione di moltissime condizioni che compromettono lo stato di salute dell'uomo.

Ne emerge che un terzo della popolazione mondiale ha problemi di nutrizione.
Per l'esattezza 868 milioni di persone nel mondo (ovvero 14 volte l'attuale popolazione italiana) sono malnutrite  e 1,5 miliardi soffrono di sovrappeso o obesità.
Ogni anno nel mondo ci sono 36 milioni di decessi per insufficiente apporto i cibo e 29 milioni di decessi per le conseguenze di un apporto eccessivo di cibo.

Per la prima volta nella storia il rischio di mortalità per patologie legate alla cattiva alimentazione ha superato quello relativo a malattie determinate da insufficiente apporto calorico.

Questo è il paradosso. E sia ben chiaro che sono le due facce di uno stesso problema per il quale non esistono soluzioni semplici o veloci, nonostante l'attuale capacità produttiva nel mondo sia superiore al fabbisogno e quindi in grado di soddisfare le esigenze alimentari del pianeta. 

Spesso ci si avvicina al cibo pensando esclusivamente al suo apporto calorico che è certamente un aspetto di cui tener conto, ma non l'unico.

Bisognerebbe iniziare a domandarsi perché alcuni cibi, ormai non sappiamo neppure più il perché, sono caduti nella black list di ciò che non si può assolutamente mangiare. Ma anche interrogarsi sull'impatto ambientale del sistema agro-alimentare dalla produzione al consumatore finale in termini di emissioni di gas serra, acqua consumata, sprechi alimentari, accaparramento delle terre e sfruttamento delle risorse dei paesi più poveri senza alcun beneficio per le comunità locali. Ovvero utilizzare i sistemi agricoli in modo da non compromettere la fertilità dei suoli, la biodiversità e limitare i cambiamenti climatici. Se non parliamo di questi aspetti non vi è alcuna sostenibilità e di conseguenza neppure salute o benessere per l'uomo.

E' necessario cambiare non solo il modo di produrre, ma anche quello di consumare.


Bibliografia
  • Global Burden of Desease Study 2010, The Lancet, dec 2012
  • OECD (2011), Health at a Glance 2011: OECD Indicators, OECD Publishing
  • Food for Healt, BCFN, 2013














martedì 29 marzo 2016

La mia storia, ovvero come diventai un biologo



Tutti i bambini hanno un sogno. Quando gli si chiede "Cosa vuoi fare da grande?", si illuminano e scopri futuri piloti, ballerine, astronauti, attori e chi più ne ha più ne metta. 
Alla fatidica domanda io rispondevo, provocando non poco imbarazzo nei miei genitori, "Io voglio andare a salvare i gorillini!".
I bambini non hanno bisogno di tante sottigliezze, ma visto che siamo tra adulti per "gorillino" si intende il gorilla di montagna ovvero Gorilla gorilla beringei, appartenente all'ordine dei Primati e alla famiglia degli Ominidi. Proprio come l'uomo, non si scappa. Questo per quanti credono alla teoria evoluzionistica. Io non me la sento di smentire Darwin.
Nel gorilla di montagna di "ino" c'è ben poco, visto che un maschio adulto, pur essendo prevalentemente vegetariano e di indole pacifica, può raggiungere i 200 kg. Poi una brutta giornata può capitare a tutti, per cui non si scherza.
Come mi venne l'esotica idea? 

Quando ancora frequentavo la scuola elementare ci portarono alla proiezione del film "Gorilla nella nebbia" (1988), tratto dall'omonimo libro di Dian Fossey.

Chi era costei? Una zoologa statunitense, personaggio coraggioso ma anche controverso, che dedicò buona parte della sua vita allo studio e alla protezione dei gorilla di montagna. Intraprese una lotta disperata e impari per la preservazione del loro habitat, minacciato dal bracconaggio, da un turismo irrispettoso e dalle condizioni di estrema povertà della popolazione locale, prima in Congo e poi in Rwanda. 

Dian Fossey e il gorilla Digit
Nel 1970  il National Geographic le dedicò il famoso reportage fotografico che rappresenta la prima testimonianza di un contatto pacifico fra uomo e gorilla. Dian Fossey fu assassinata nel 1985 con la stessa arma, il panga, usata dai bracconieri per uccidere i gorilla una volta caduti in trappola. L'assassino resta ancora oggi ignoto. Durante il genocidio ruandese nel 1994, il campo dove aveva lavorato la Fossey fu completamente distrutto e le foreste occupate da decine di migliaia di profughi in fuga dalla guerra. L'odio, la violenza e la mancanza di amore per la vita che ci circonda non fanno distinzione di specie. 
Oggi sopravvivono ancora poco meno di 900 gorilla di montagna.
Piansi per giorni e non ebbi più il coraggio di rivedere quel film da allora.
Benché inconsapevolmente, fu allora che decisi di diventare un biologo. Solo dopo molti anni compresi il perché. 
Come scriveva qualche secolo fa John Donne:


"Nessun uomo è un'isola
  appartenente interamente a sé stesso
  Ogni uomo è parte della terra
  una parte del tutto
  Se una zolla è portata via dal mare
  L'Europa risulta essere più piccola
  Come se fosse stata un promontorio
  Come se fosse una proprietà di amici tuoi
  Come se fosse tua
  La morte di ciascun uomo mi sminuisce
  Perché  faccio parte del genere umano
  E perciò non chiederti per chi suona la campana
  Suona per te"
                                      John Donne, tratto da Devotions upon Emergent Occasions. XVII MEDITATION

 Questo mi ha insegnato la biologia. Una cellula procariote (la più semplice che conosciamo) ha dato  origine a tutte le molteplici forme di vita esistenti e le possibilità di sopravvivenza si basano  unicamente su adattamento, collaborazione e cambiamento. Non dimentichiamo qualche mutazione  casuale che si è dimostrata evolutivamente vantaggiosa, quel piccolo colpo di fortuna che non guasta  mai! La nostra vita dipende dalla sopravvivenza delle altre specie, siamo parte di un ecosistema e al  di fuori di esso semplicemente non potremmo esistere.

 Presa l'inconsapevole decisione, arrivò il difficile. Ebbene si, la mia natura evidentemente  "umanistica" mal digeriva le inevitabili formule matematiche che disseminavano l'arduo percorso.    Mi  trovavo decisamente più a mio agio nello studio della letteratura e della storia, altra mia grande e   irrinunciabile passione. 

Sono infatti una lettrice vorace. La mia natura emotiva e pure sentimentale mi porta a prediligere i romanzi, soprattutto quelli storici. Questa passione ha delle non trascurabili conseguenze nella condivisione degli spazi. A mali estremi, estremi rimedi. La mia dolce metà, stanco di dover dividere il divano con manuali, libri e tomi di ogni genere, ha voluto donarmi un e-book reader. Non credo di aver mai ricevuto regalo più bello, gliene sarò eternamente grata. Ora finalmente posso acquistare libri in qualsiasi momento del giorno e della notte. Per le finanze, pazienza. Ciascuno ha le proprie priorità.

Non volendo tediare oltre il lettore, sorvoleremo sui difficili anni che seguirono. A nulla valsero le supplici preghiere di familiari e insegnanti che, animati certamente da buone intenzioni, volevano sollevarmi dall'incubo di quei numeri che mi ero scelta. Sta di fatto che la vita segue spesso strade tortuose, per cui contro ogni apocalittica previsione ottenni la maturità scientifica. Mi sento dunque di lanciare un messaggio di speranza a tutti quegli studenti che aprono con orrore il libro di matematica, nessuno può mai dire cosa siamo portati e fare per davvero. E ad ogni modo non è che si possa raccontare a chiunque dei gorillini. Sarebbe una faccenda troppo lunga.

E così approdai finalmente all'università, corso di laurea in scienze biologiche. In tutta franchezza avevo ancora le idee poco chiare su dove questa strada mi avrebbe condotta. L'unica certezza erano i volumi di matematica e fisica (ancora loro), solo che questa volta erano di 2000 pagine anziché di 500. Bell'affare mi dissi! Tuttavia i vigliacchi numeri, che fino ad allora mi avevano sbeffeggiata malevoli - caldamente ricambiati dalla sottoscritta, prima con ostinazione e successivamente con una certa stizza - iniziarono gradualmente ad acquisire un significato.

Finalmente, come i tasselli di un puzzle, vennero fuori dal loro arido mondo  - non me ne vogliano i matematici, tutto è soggettivo - e divennero il timone di una nave che poteva solcare i mari della biochimica, della biologia molecolare, viaggiare attraverso le anse del DNA o acido desossiribonucleico, dove la vita è scritta e custodita all'interno del nucleo di una cellula eucariote, che si organizzava per costituire organismi via via più complessi e completi di organi ed apparati. E andare più avanti ancora. Poter osservare ammirata come le combinazioni di sole 4 molecole (che sono le basi azotate che costituiscono il DNA) abbiamo plasmato così tante forma di vita animali e vegetali, ciascuna con le proprie strategie di sopravvivenza, ma tutte indissolubilmente legate fra di loro a formare un unico grande organismo che chiamiamo Terra. Ovvero le vicende della vita da un atomo di carbonio all'Homo sapiens sapiens, per quel tanto o poco che ne abbiamo capito fino ad oggi.

Compresi che in tutta coscienza non avrei voluto essere in nessun altro posto. Tutt'ora serbo gratitudine per il gorilla Digit e per Dian Fossey. Senza di loro forse non sarei mai partita per questo viaggio.

Portai a termine con grande gioia i miei studi e a questo punto, con le idee più chiare, decisi di dedicarmi allo studio della nutrizione umana. L'alimentazione, benché difficilmente venga percepita in questo modo, rappresenta ad oggi una delle principali forme di interazione tra l'uomo e l'ambiente che lo circonda.

Per cui non dispongo al momento di foto che mi ritraggano nella giungla. Mi riprometto di mostrarle al lettore non appena possibile. Perché prima o poi ci andrò ad osservare i gorilla in natura.

Posso produrre tutt'al più la foto qui accanto, che mi ritrae con l'intrepida compagna di vita Morgana. Trattasi di un esemplare di Canis lupus familiaris L. decisamente testardo e pure permaloso. Lo scatto ritrae un goffo tentativo della sottoscritta di insegnare al suddetto cane, che se la ride, il "terra". Sorvoliamo sui fallimentari risultati di tale esperimento.

E i gorillini?
Ma i gorillini queste cose le sanno già! Siamo noi uomini che abbiamo bisogno di ascoltare storie come quelle di Dian Fossey e di Digit, che più di tutti gli altri gorilla cercò un contatto con la studiosa. Non venne per questo risparmiato  dai bracconieri.

Come scrisse Paul J. Crutzen, chimico olandese e vincitore del premio Nobel per la chimica dell'atmosfera nel 1995 grazie i suoi studi sulla formazione del buco dell'ozono, riguardo al termine Antropocene da lui stesso coniato:

"L'Antropocene siamo noi. Siamo noi, nel bene e nel male, la variabile geologica oggi più importante, ed è nostra la responsabilità del futuro del pianeta. Perché abbiamo gli strumenti teorici e pratici per invertire la tendenza al degrado che noi stessi abbiamo innescato. E per inaugurare un'epoca di sviluppo sostenibile che non metta più a repentaglio la nostra stessa sopravvivenza.”

E se i gorillini scomparissero? La perdita di anche una sola specie priverebbe il mondo di bellezza, di ricchezza, modificherebbe per sempre l'ecosistema in cui essa viveva, innescando un effetto domino che arriverebbe a toccare anche noi, il cibo di cui ci nutriamo e l'acqua che beviamo.

 Ed in alcune parti del mondo, dove vivono le persone che hanno meno voce, questo accade già.

Per cui non è importante chiedersi cosa accadrebbe se anche una sola specie scomparisse, sarebbe come se l'avessimo fatto a noi stessi.