Tutti i bambini hanno un sogno. Quando gli si chiede "Cosa vuoi fare da grande?", si illuminano e scopri futuri piloti, ballerine, astronauti, attori e chi più ne ha più ne metta.
Alla fatidica domanda io rispondevo, provocando non poco imbarazzo nei miei genitori, "Io voglio andare a salvare i gorillini!".
I bambini non hanno bisogno di tante sottigliezze, ma visto che siamo tra adulti per "gorillino" si intende il gorilla di montagna ovvero Gorilla gorilla beringei, appartenente all'ordine dei Primati e alla famiglia degli Ominidi. Proprio come l'uomo, non si scappa. Questo per quanti credono alla teoria evoluzionistica. Io non me la sento di smentire Darwin.
Nel gorilla di montagna di "ino" c'è ben poco, visto che un maschio adulto, pur essendo prevalentemente vegetariano e di indole pacifica, può raggiungere i 200 kg. Poi una brutta giornata può capitare a tutti, per cui non si scherza.
Come mi venne l'esotica idea?
Quando ancora frequentavo la scuola elementare ci portarono alla proiezione del film "Gorilla nella nebbia" (1988), tratto dall'omonimo libro di Dian Fossey.
Chi era costei? Una zoologa statunitense, personaggio coraggioso ma anche controverso, che dedicò buona parte della sua vita allo studio e alla protezione dei gorilla di montagna. Intraprese una lotta disperata e impari per la preservazione del loro habitat, minacciato dal bracconaggio, da un turismo irrispettoso e dalle condizioni di estrema povertà della popolazione locale, prima in Congo e poi in Rwanda.
Dian Fossey e il gorilla Digit |
Nel 1970 il National Geographic le dedicò il famoso reportage fotografico che rappresenta la prima testimonianza di un contatto pacifico fra uomo e gorilla. Dian Fossey fu assassinata nel 1985 con la stessa arma, il panga, usata dai bracconieri per uccidere i gorilla una volta caduti in trappola. L'assassino resta ancora oggi ignoto. Durante il genocidio ruandese nel 1994, il campo dove aveva lavorato la Fossey fu completamente distrutto e le foreste occupate da decine di migliaia di profughi in fuga dalla guerra. L'odio, la violenza e la mancanza di amore per la vita che ci circonda non fanno distinzione di specie.
Oggi sopravvivono ancora poco meno di 900 gorilla di montagna.
Piansi per giorni e non ebbi più il coraggio di rivedere quel film da allora.
Benché inconsapevolmente, fu allora che decisi di diventare un biologo. Solo dopo molti anni compresi il perché.
Come scriveva qualche secolo fa John Donne:
"Nessun uomo è un'isola
appartenente interamente a sé stesso
Ogni uomo è parte della terra
una parte del tutto
Se una zolla è portata via dal mare
L'Europa risulta essere più piccola
Come se fosse stata un promontorio
Come se fosse una proprietà di amici tuoi
Come se fosse tua
La morte di ciascun uomo mi sminuisce
Perché faccio parte del genere umano
E perciò non chiederti per chi suona la campana
Suona per te"
John Donne, tratto da Devotions upon Emergent Occasions. XVII MEDITATION
Questo mi ha insegnato la biologia. Una cellula procariote (la più semplice che conosciamo) ha dato origine a tutte le molteplici forme di vita esistenti e le possibilità di sopravvivenza si basano unicamente su adattamento, collaborazione e cambiamento. Non dimentichiamo qualche mutazione casuale che si è dimostrata evolutivamente vantaggiosa, quel piccolo colpo di fortuna che non guasta mai! La nostra vita dipende dalla sopravvivenza delle altre specie, siamo parte di un ecosistema e al di fuori di esso semplicemente non potremmo esistere.
Presa l'inconsapevole decisione, arrivò il difficile. Ebbene si, la mia natura evidentemente "umanistica" mal digeriva le inevitabili formule matematiche che disseminavano l'arduo percorso. Mi trovavo decisamente più a mio agio nello studio della letteratura e della storia, altra mia grande e irrinunciabile passione.
Sono infatti una lettrice vorace. La mia natura emotiva e pure sentimentale mi porta a prediligere i romanzi, soprattutto quelli storici. Questa passione ha delle non trascurabili conseguenze nella condivisione degli spazi. A mali estremi, estremi rimedi. La mia dolce metà, stanco di dover dividere il divano con manuali, libri e tomi di ogni genere, ha voluto donarmi un e-book reader. Non credo di aver mai ricevuto regalo più bello, gliene sarò eternamente grata. Ora finalmente posso acquistare libri in qualsiasi momento del giorno e della notte. Per le finanze, pazienza. Ciascuno ha le proprie priorità.
Non volendo tediare oltre il lettore, sorvoleremo sui difficili anni che seguirono. A nulla valsero le supplici preghiere di familiari e insegnanti che, animati certamente da buone intenzioni, volevano sollevarmi dall'incubo di quei numeri che mi ero scelta. Sta di fatto che la vita segue spesso strade tortuose, per cui contro ogni apocalittica previsione ottenni la maturità scientifica. Mi sento dunque di lanciare un messaggio di speranza a tutti quegli studenti che aprono con orrore il libro di matematica, nessuno può mai dire cosa siamo portati e fare per davvero. E ad ogni modo non è che si possa raccontare a chiunque dei gorillini. Sarebbe una faccenda troppo lunga.
E così approdai finalmente all'università, corso di laurea in scienze biologiche. In tutta franchezza avevo ancora le idee poco chiare su dove questa strada mi avrebbe condotta. L'unica certezza erano i volumi di matematica e fisica (ancora loro), solo che questa volta erano di 2000 pagine anziché di 500. Bell'affare mi dissi! Tuttavia i vigliacchi numeri, che fino ad allora mi avevano sbeffeggiata malevoli - caldamente ricambiati dalla sottoscritta, prima con ostinazione e successivamente con una certa stizza - iniziarono gradualmente ad acquisire un significato.
Finalmente, come i tasselli di un puzzle, vennero fuori dal loro arido mondo - non me ne vogliano i matematici, tutto è soggettivo - e divennero il timone di una nave che poteva solcare i mari della biochimica, della biologia molecolare, viaggiare attraverso le anse del DNA o acido desossiribonucleico, dove la vita è scritta e custodita all'interno del nucleo di una cellula eucariote, che si organizzava per costituire organismi via via più complessi e completi di organi ed apparati. E andare più avanti ancora. Poter osservare ammirata come le combinazioni di sole 4 molecole (che sono le basi azotate che costituiscono il DNA) abbiamo plasmato così tante forma di vita animali e vegetali, ciascuna con le proprie strategie di sopravvivenza, ma tutte indissolubilmente legate fra di loro a formare un unico grande organismo che chiamiamo Terra. Ovvero le vicende della vita da un atomo di carbonio all'Homo sapiens sapiens, per quel tanto o poco che ne abbiamo capito fino ad oggi.
Compresi che in tutta coscienza non avrei voluto essere in nessun altro posto. Tutt'ora serbo gratitudine per il gorilla Digit e per Dian Fossey. Senza di loro forse non sarei mai partita per questo viaggio.
Portai a termine con grande gioia i miei studi e a questo punto, con le idee più chiare, decisi di dedicarmi allo studio della nutrizione umana. L'alimentazione, benché difficilmente venga percepita in questo modo, rappresenta ad oggi una delle principali forme di interazione tra l'uomo e l'ambiente che lo circonda.
Per cui non dispongo al momento di foto che mi ritraggano nella giungla. Mi riprometto di mostrarle al lettore non appena possibile. Perché prima o poi ci andrò ad osservare i gorilla in natura.
Posso produrre tutt'al più la foto qui accanto, che mi ritrae con l'intrepida compagna di vita Morgana. Trattasi di un esemplare di Canis lupus familiaris L. decisamente testardo e pure permaloso. Lo scatto ritrae un goffo tentativo della sottoscritta di insegnare al suddetto cane, che se la ride, il "terra". Sorvoliamo sui fallimentari risultati di tale esperimento.
E i gorillini?
Ma i gorillini queste cose le sanno già! Siamo noi uomini che abbiamo bisogno di ascoltare storie come quelle di Dian Fossey e di Digit, che più di tutti gli altri gorilla cercò un contatto con la studiosa. Non venne per questo risparmiato dai bracconieri.
Come scrisse Paul J. Crutzen, chimico olandese e vincitore del premio Nobel per la chimica dell'atmosfera nel 1995 grazie i suoi studi sulla formazione del buco dell'ozono, riguardo al termine Antropocene da lui stesso coniato:
E se i gorillini scomparissero? La perdita di anche una sola specie priverebbe il mondo di bellezza, di ricchezza, modificherebbe per sempre l'ecosistema in cui essa viveva, innescando un effetto domino che arriverebbe a toccare anche noi, il cibo di cui ci nutriamo e l'acqua che beviamo.
Ed in alcune parti del mondo, dove vivono le persone che hanno meno voce, questo accade già.
Per cui non è importante chiedersi cosa accadrebbe se anche una sola specie scomparisse, sarebbe come se l'avessimo fatto a noi stessi.
E così approdai finalmente all'università, corso di laurea in scienze biologiche. In tutta franchezza avevo ancora le idee poco chiare su dove questa strada mi avrebbe condotta. L'unica certezza erano i volumi di matematica e fisica (ancora loro), solo che questa volta erano di 2000 pagine anziché di 500. Bell'affare mi dissi! Tuttavia i vigliacchi numeri, che fino ad allora mi avevano sbeffeggiata malevoli - caldamente ricambiati dalla sottoscritta, prima con ostinazione e successivamente con una certa stizza - iniziarono gradualmente ad acquisire un significato.
Finalmente, come i tasselli di un puzzle, vennero fuori dal loro arido mondo - non me ne vogliano i matematici, tutto è soggettivo - e divennero il timone di una nave che poteva solcare i mari della biochimica, della biologia molecolare, viaggiare attraverso le anse del DNA o acido desossiribonucleico, dove la vita è scritta e custodita all'interno del nucleo di una cellula eucariote, che si organizzava per costituire organismi via via più complessi e completi di organi ed apparati. E andare più avanti ancora. Poter osservare ammirata come le combinazioni di sole 4 molecole (che sono le basi azotate che costituiscono il DNA) abbiamo plasmato così tante forma di vita animali e vegetali, ciascuna con le proprie strategie di sopravvivenza, ma tutte indissolubilmente legate fra di loro a formare un unico grande organismo che chiamiamo Terra. Ovvero le vicende della vita da un atomo di carbonio all'Homo sapiens sapiens, per quel tanto o poco che ne abbiamo capito fino ad oggi.
Compresi che in tutta coscienza non avrei voluto essere in nessun altro posto. Tutt'ora serbo gratitudine per il gorilla Digit e per Dian Fossey. Senza di loro forse non sarei mai partita per questo viaggio.
Portai a termine con grande gioia i miei studi e a questo punto, con le idee più chiare, decisi di dedicarmi allo studio della nutrizione umana. L'alimentazione, benché difficilmente venga percepita in questo modo, rappresenta ad oggi una delle principali forme di interazione tra l'uomo e l'ambiente che lo circonda.
Per cui non dispongo al momento di foto che mi ritraggano nella giungla. Mi riprometto di mostrarle al lettore non appena possibile. Perché prima o poi ci andrò ad osservare i gorilla in natura.
Posso produrre tutt'al più la foto qui accanto, che mi ritrae con l'intrepida compagna di vita Morgana. Trattasi di un esemplare di Canis lupus familiaris L. decisamente testardo e pure permaloso. Lo scatto ritrae un goffo tentativo della sottoscritta di insegnare al suddetto cane, che se la ride, il "terra". Sorvoliamo sui fallimentari risultati di tale esperimento.
E i gorillini?
Ma i gorillini queste cose le sanno già! Siamo noi uomini che abbiamo bisogno di ascoltare storie come quelle di Dian Fossey e di Digit, che più di tutti gli altri gorilla cercò un contatto con la studiosa. Non venne per questo risparmiato dai bracconieri.
Come scrisse Paul J. Crutzen, chimico olandese e vincitore del premio Nobel per la chimica dell'atmosfera nel 1995 grazie i suoi studi sulla formazione del buco dell'ozono, riguardo al termine Antropocene da lui stesso coniato:
"L'Antropocene
siamo noi. Siamo noi, nel bene e nel male, la variabile geologica
oggi più importante, ed è nostra la responsabilità del futuro del
pianeta. Perché abbiamo gli strumenti teorici e pratici per
invertire la tendenza al degrado che noi stessi abbiamo innescato. E
per inaugurare un'epoca di sviluppo sostenibile che non metta più a
repentaglio la nostra stessa sopravvivenza.”
E se i gorillini scomparissero? La perdita di anche una sola specie priverebbe il mondo di bellezza, di ricchezza, modificherebbe per sempre l'ecosistema in cui essa viveva, innescando un effetto domino che arriverebbe a toccare anche noi, il cibo di cui ci nutriamo e l'acqua che beviamo.
Ed in alcune parti del mondo, dove vivono le persone che hanno meno voce, questo accade già.
Per cui non è importante chiedersi cosa accadrebbe se anche una sola specie scomparisse, sarebbe come se l'avessimo fatto a noi stessi.
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