domenica 12 gennaio 2020

Arrivederci cara amica, sorella, specchio







Morgana non c'è più. Mi manca il respiro a scriverlo. 



E' sopravvissuta alle percosse, al canile, ad una stilettata nel petto e a tutta una serie di gravi patologie che non starò qui ad elencare, visto che lei non le ha mai filate di striscio. Semplicemente dopo 14 anni di vita, di cui 10 passati sempre al nostro fianco, ha deciso di proseguire il viaggio.


Lo ha fatto, tanto per cambiare, quando ha deciso lei, spegnendosi fra le nostre braccia. O meglio tra le braccia della dolce metà. Perché io, che non ero assolutamente d'accordo, correvo a perdifiato verso la clinica urlandole di respirare. E lei, per l'ultima volta, ha fatto esattamente il contrario.

La mia amica Viviana ha detto - Non è giusto, ma è tutto giusto. 
Io aggiungerei, più che altro inevitabile e irreversibile. Che ci piaccia o meno. 
Ma siccome oggi celebriamo Morgana, la Grande Ponga, seguiremo il suo primo insegnamento.

Quando non comprendi qualcosa mangiala. Se non è commestibile giocaci.

Non starò qui a dilungarmi con melensi panegirici, li avrebbe detestati. 



Il nostro amico Michele disse - Meglio morsi, che rimpianti!
La Ponga, in realtà, era una simpatica canaglia. Pallinomane ed egocentrica, amava a suo modo il genere umano. In particolare idolatrava la dolce metà (suo unico ed imperituro amore, io ero l'altra), amava tutti coloro che, terrorizzati dai canidi, le stavano alla larga (arrivando addirittura a strusciarsi a questi involontari oggetti di amore)  e poi altre due o tre persone che, per pura caparbietà o perché simili, decidevano di entrare in relazione con lei. Operazione che poteva richiedere dai sei mesi ad un anno. 

Tutti gli altri semplicemente non li degnava di uno sguardo. La Ponga non perdeva tempo ed energie a detestare.  A meno che non si trattasse dei veterinari (che la ricambiavano caldamente, tranne nel caso del nostro ultimo dottore, Angelo di nome e di fatto)  o di qualcuno che aveva l'ardire di accarezzarla senza prima essersi presentato (e d'altronde voi come reagireste se uno sconosciuto vi palpeggiasse al semaforo?). La faccenda non cambiava neppure con le opportune presentazioni. Come vi ho detto, chi desiderava diventare amico della Ponga doveva lavorare per sei mesi buoni. 

L'amicizia va coltivata, dovreste saperlo.





La Ponga all'area di sgambamento cani ci andava di notte. A mia discolpa posso dire che lo facevo perché detesto i conflitti, non mi piace discutere a meno che io non sia costretta. Ne soffro tantissimo.
Ma alle volte sono inevitabili. E sia. Mai tirarsi indietro quando qualcuno vuole prenderti la pallina.

La Ponga giocava nottetempo con la sua pallina nell'area sgambamento cani, per l'appunto. Quando un losco figuro, accompagnato da 80 kg di mastino danese urlava dal cancello la fatidica frase.
- Ma è femminaaaaaaaaaaaaaaaaaa? Il mio è maschiooooooooooo

Ecco, e cosa dobbiamo farne? Vogliamo sfornare dei cuccioli di T-rex?

Prima che io potessi recuperare il cane e uscire, la montagna correva festosa e decisa verso la Ponga. La quale, va detto, continuava ostinata ad ignorarlo. Mentre io, conoscendola, mi appellavo a Odino, Zeus e tutti gli dei dell'Olimpo. Meglio non dimenticare nessuno.
Nel frattempo la montagna, comprensibilmente ammaliato dalla Ponga, tentava ogni tipo di approccio. E, non pago, tentava di coprirla. La famosa goccia che fa traboccare il vaso. Prima che mi venisse un coccolone, Morgana aveva già poggiato la pallina, si era girata incredula e con un balzo felino era salita sulla pancia del goffo pretendente. Ruggendogli sul grugno. Lei non ringhiava, ruggiva. Dopo alcuni interminabili istanti e la resa incondizionata del goffo pretendente, lo stesso si rialzava mesto e piagnucolando raggiungeva il suo proprietario che esclamava - Il tuo cane è cattivo!

Intanto del tu lo dai a qualcun altro. Pertanto, mentre ringraziavo Odino e tutti gli altri, gli rispondevo - E lei è un grandissimo villano! Insegni al suo cane le buone maniere!

E così dicendo mi allontanavo sdegnosamente, prontamente raggiunta dalla Ponga che procedeva impettita e con la pallina in bocca.

Mai ferire o fare del male, se basta semplicemente ruggire.

Ecco, questa era la Ponga. Per quanto, prima di arrivare a noi, fosse stata picchiata e maltrattata fino ad avere i denti spezzati, aveva imparato a risparmiare gli altri. Non si fidava mai del tutto purtroppo. Ma sapeva difendersi, senza ferire davvero. Si può fare, lezione imparata.




Non abbiamo mai capito se siamo stati noi a scegliere la Ponga, o la Ponga a scegliere noi.
Al canile, chiunque abbia varcato quel cancello potrà comprenderlo, tutti i cagnolini guaivano dietro le gabbie. E mentre io rimuginavo su un modo per portarmeli tutti a casa, la dolce metà si fermava davanti ad una gabbia. Dove c'era l'unico cane che non ci calcolava minimamente. Era li, al centro della gabbia, seduta modello "monumento nazionale" e ci guardava silenziosa e fiera.

La dolce metà esclamava - Quanta dignità possiede questo cane, seppur nella sofferenza!

Accidenti a noi e al nostro maledetto vizio di antropomorfizzare gli animali! Non ci avremmo messo molto a comprendere che in quel momento il cane non si era minimamente calato in una tragedia shakespeariana. Conoscendola, stava senz'altro pensando -Umani scapestrati, non vi azzardate a darmi noia!

Fatto sta che, cinque minuti dopo, guardandosi rapidamente alle spalle saltava nella nostra macchina. 
La direttrice del canile, attonita, affermava - Ma sicuri di volerla prendere così, senza pensarci?
Ma il cane era già in auto e le faceva l'elegante gesto dell'ombrello dal finestrino.

Già, sicuri di volerla portare a casa senza pensarci un attimo?  No, nessun eroismo da parte nostra. Noi, molto semplicemente, non avevamo capito nulla. Non sapevamo nulla di cani, non avevamo la benché minima idea di cosa volesse dire avere a che fare con un cane maltrattato e non socializzato.

Sapevamo solo che l'avevano trovata, qualche mese prima, nei pressi del canile. Legata ad un albero e con la museruola. Digiuna probabilmente da giorni. Con la museruola perché, su questo non ho dubbi, la Ponga aveva senz'altro dato il benservito al criminale che l'aveva ridotta in quelle condizioni. Brava ponghina, quando ci vuole ci vuole.

Presto ci saremmo dovuti accorgere che da soli nulla potevamo, avevamo portato a casa un cane inferocito come una puzzola e che soprattutto aveva deciso di poter fare a meno degli umani.  E fu così che Simone Zoboli, l'istruttore cinofilo che ci ha aiutati a rimettere insieme i pezzi, è entrato nelle nostre vite dicendoci - Non vorrete mica gettare la spugna?
Mai. Io sono sempre dalla parte delle minoranze oppresse. La Ponga ce l'avevo già nel cuore. 

Simone è stato l'angelo custode della Ponga, seguitelo su About dogs Italia
E mentre lui, dopo due anni di lavoro, sentenziava orgoglioso - Bene ragazzi, ora voi avete gli strumenti per seguire anche un Rottweiler da lavoro!
La dolce metà faceva outing - Veramente a me piacciono i barboncini...





Nel frattempo la Ponga aveva imparato perfettamente a fare il seduto, il terra e a camminare al ginocchio senza farci finire col muso sui sanpietrini. Non mordeva più, però ruggiva per avvisare che le stavi sonoramente sulle scatole. Poi se le persone non capiscono, il problema non era il cane. Ma questo è un altro discorso. 

La farò breve. Morgana, la Ponga per l'appunto, è stato un cane "figo" dal primo giorno in cui è entrata nelle nostre vite fino al terribile giorno in cui ci ha lasciati. E' stata la fiera e quieta guardiana della nostra casa, silenziosa, ma sempre presente. 

Sono riuscita a non piangere fino a questo momento, ma temo che potrei perdere la forza ripensando al suo testolone peloso che si appoggiava silenziosamente sulla gamba per prendere una carezza. Di più no, non esageriamo. Poi qualche bacino lo dava lo stesso ogni tanto, e per lei era tutto.

Non esiste un ricordo, una vacanza, una passeggiata, un matrimonio, una cena con amici (che si erano abituati e affezionati a questa particolare presenza e che la Ponga l'hanno amata così com'era) in cui lei non sia stata presente. 

Morgana non c'è più, ma la Ponga vivrà per sempre. Questo soprannome sdolcinato che io (avevate dubbi?) le avevo dato senza sapere che a Bologna significasse ratto (non topino, proprio pantegana) e che fa rotolare dalle risate la mia amica Livia, ogni volta che ne parliamo.

La Ponga vivrà per sempre perché è diventata la rappresentazione vivente che esiste il riscatto e che ci sono le seconde possibilità. La sua è la storia di tutte le sgangherate creature umane e non che hanno paura. La Ponga siamo noi, che nonostante tutto possiamo essere amati e possiamo amare. 

Perché questo è stato l'ultimo dono della Ponga. L'immenso e inaspettato amore che ci ha avvolti. Le persone che hanno pianto con noi e che non ci hanno lasciati soli un minuto. D'altronde c'è una piccola Ponga in ognuno di noi. Amiamola per questo.

La mia amica Debora, mentre piangevamo al telefono mi ha detto - Adesso la Ponga è diventata puro amore.

Eh si, Debby, hai ragione tu. Alla fine è tutto quello che resta.


Il vero amore non muore mai

























giovedì 31 maggio 2018

5 giugno Giornata Mondiale dell'Ambiente: lotta alla plastica monouso. Come eliminare la plastica dalla cucina? Settimana 24 #SaveHumansThursday

Il 5 giugno verrà celebrata la Giornata Mondiale dell'Ambiente che quest'anno ha per tema "Lotta alla plastica monouso". La plastica rappresenta l'80% dei rifiuti marini ed ha effetti gravissimi sugli ecosistemi e sulla fauna, ma anche sulla salute dell'uomo. Molti degli additivi utilizzati per la produzione della plastica sono infatti interferenti endocrini, ovvero sostanze in grado di alterare l'equilibrio ormonale degli esseri viventi e della loro progenie. I possibili danni vanno dalle patologie riproduttive ad alcuni tipi di tumore. Come ridurre l'utilizzo di plastica in cucina al fine di tutelare l'ambiente e la nostra salute? Ecco il decalogo di #SaveHumansThursday.




By MichaelisScientists
La Giornata Mondiale dell'Ambiente, proclamata nel 1972 dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite, viene celebrata ogni anno il 5 giugno. Il tema scelto dall'ONU per il 2018 è attualissimo e urgente: "Lotta alla plastica monouso".

Su Ecobriciole ne abbiamo parlato qui e qui per la rubrica SaveHumansThursday.

Recentemente l'Unione Europea ha deciso di mettere al bando oggetti di plastica monouso come piatti, cannucce e cotton fioc entro il 2021. La legge dovrà essere approvata dal Parlamento e dai governi dei singoli Paesi entro il 2019 ed entrerà in vigore nei due anni successivi.


La produzione mondiale di plastica ammonta a 280 milioni di tonnellate l'anno. Gli oggetti in plastica, monouso e non, possono finire in discarica, essere inceneriti o riciclati. Il 4-10% della plastica prodotta ogni anno finisce negli oceani, circa 8 milioni di tonnellate, attraverso i fiumi, le acque reflue ma anche per l'abbandono di rifiuti nelle zone costiere e fluviali. E' stato stimato che la plastica costituisce il 60-80% dei rifiuti marini, in sostanza 5,25 trilioni di detriti di plastica del peso di 268.940 tonnellate galleggiano nel mare. Senza contare quelli che si trovano sui fondali o sulle spiagge. 
Negli oceani esistono 5 enormi isole di spazzatura poiché migliaia di tonnellate di frammenti di plastica si accumulano in corrispondenza dei 5 principali vortici subtropicali. 


I frammenti di plastica sono considerati abbastanza stabili e altamente resistenti, potenzialmente durano da centinaia a migliaia di anni e il loro destino finale è ancora sconosciuto. 

By NOAA
La plastica in mare ha molti volti. Ciò che finisce in mare sotto forma di reti, sacchetti e bottiglie (solo per citare alcuni esempi) viene frammentato dall'azione di vento, onde e raggi ultravioletti in sfere, frammenti o fibre di piccole dimensioni definiti microplastiche (se di lunghezza inferiore a 0,5 cm) o nanoplastiche (se di lunghezza inferiore a un micron).

Gli oggetti di plastica di grosse dimensioni hanno effetti ben documentati su uccelli, pesci, tartarughe e mammiferi marini. Si va dal soffocamento a causa dell'ingestione a lesioni, anche mortali, dell'apparato digerente, intrappolamento nelle reti abbandonate, con conseguenti ferite mortali o morte per inedia, fino allo strangolamento

Le micro e nanoplastiche sono anche più subdole.

Questi microscopici frammenti, praticamente onnipresenti sui fondali, sulle spiagge e persino nei ghiacci artici, vengono ingeriti accidentalmente o scambiati per cibo dalla fauna marina. E in questo modo potrebbero entrare nella catena alimentare all'apice della quale troviamo anche l'uomo, con conseguenze ancora poco conosciute

Durante la produzione della plastica vengono, infatti, utilizzati additivi (plastificanti, antimicrobici, ritardanti di fiamma) che possono essere rilasciati in mare. Come se questo non bastasse, i frammenti di plastica sono in grado di adsorbire contaminanti organici persistenti (POPs), come i pesticidi o policlorobifenili (PCB), che vengono successivamente desorbiti, ovvero rilasciati. I POPs sono sostanze chimiche tossiche difficilmente degradabili e bioaccumulative che, dopo il loro rilascio, si diffondono attraverso l'aria, l'acqua e la catena alimentare.

Di certo una delle preoccupazioni riguarda le elevate concentrazioni di contaminanti organici persistenti assorbiti e poi rilasciati dalle microplastiche (i policlorobifenili PCB, ad esempio), ma anche la presenza, tra gli altri, di bisfenolo A, un additivo utilizzato durante la sintesi di materie plastiche. Alcuni studi indicano infatti che le microplastiche, dopo l'ingestione attraverso il cibo, possono essere trasferite nei tessuti.

Nella letteratura scientifica sono noti i potenziali rischi tossicologici associati all'esposizione a queste sostanze sia attraverso la plastica monouso che entra in contatto con gli alimenti (nel caso degli additivi) si attraverso quella dispersa nell'ambiente che entra nella catena alimentare (nel caso degli additivi e dei contaminanti organici persistenti).

Alcune di queste sostanze sono infatti interferenti endocrini, ovvero un ampio ed eterogeneo gruppo di sostanze in grado di alterare l'equilibrio ormonale degli esseri viventi e della loro progenie, umani inclusi. I possibili danni vanno dalle patologie riproduttive (infertilità, endometriosi, abortività,..), ai disturbi comportamentali nell'infanzia, probabilmente diabete e alcuni tipi di tumore (come testicolo e mammella).  Anche piccole dosi di interferenti endocrini provenienti dall'ambiente e dagli alimenti potrebbero sommarsi ed indurre un effetto tossico. 


Alcuni esempi:


  • Bisfenolo A: una sostanza con effetti estrogenici e capace di alterare la funzione della tiroide e dei sistemi riproduttivo, nervoso e immunitario. L'Italia, ad esempio, ha accolto la direttiva europea che riguarda il divieto di utilizzarlo nei biberon in policarbonato. Il bisfenolo A è infatti utilizzato per produrre il policarbonato (parliamo di materiali in plastica dura come, ad esempio, i contenitori per alimenti ma è presente anche nelle lattine per alimenti in metallo, plastiche per avvolgere gli alimenti). Piccole quantità di questo composto possono passare nei cibi, ad esempio durante l'esposizione al sole delle bottiglie in plastica. La tossicità nell'adulto sembrerebbe modesta, ma feti e neonati potrebbero essere molto più vulnerabili. La preoccupazione dei consumatori ha indotto molte aziende a sostituirlo con fluorene-9-bisfenolo che, sulla base di recenti studi, è in grado di legarsi ai recettori degli estrogeni, bloccando la loro attività;
  • Ftalati: tra i rischi associati quelli dell'aumento delle patologie riproduttive (infertilità, endometriosi, aborti, diminuzione della qualità del seme umano) e alterazione del metabolismo dei grassi nel fegato.  Sono dei plastificanti che si possono trovare in contenitori quali bottiglie usa e getta, pellicole o vassoi. 
  • Nonilfenolo: estremamente tossico per la vita acquatica, interferente endocrino nei pesci; preoccupazione rispetto alla tossicità per la riproduzione e lo sviluppo in fauna ed esseri umani;
  • Polibrominato difenile: ritardante di fiamma che si accumulano nei tessuti grassi degli organismi ed è pertanto considerato inquinante organico persistente. Interferente endocrino, soprattutto per quanto riguarda la funzione tiroidea; preoccupazione per gli effetti sullo sviluppo neurologico, il comportamento e il sistema immunitario;
  • Policlorinato bifenile: tossico per sistema immunitario, riproduttivo e nervoso in molti animali; può causare danno epatico e alcuni tipi di tumore. 

L'uso di queste sostanze è naturalmente regolamentato, ma le normative si stanno evolvendo sulla base delle conoscenze scientifiche. 

Come ridurre l'utilizzo di plastica in cucina al fine di tutelare l'ambiente e la nostra salute?
Ecco il decalogo di #SaveHumansThursday:

  • Evitate di consumare bevande contenute nella plastica, prediligere il vetro;
  • Non riscaldate alimenti in contenitori di plastica  nel forno a microonde, il riscaldamento può favorire il rilascio di bisfenolo e agevolarne la migrazione nei cibi;
  • Non utilizzate contenitori in plastica per la conservazione degli alimenti, prediligere ceramica, metallo o vetro;
  • Non mettete gli alimenti a contatto con la pellicola, prediligete la carta! Più in generale, anche quando non entra in contatto diretto con gli alimenti, utilizzatela il meno possibile. Esistono valide alternative, eccone un esempio
  • Non versate alimenti ancora caldi in contenitori di plastica;
  • Taglieri in plastica? Meglio optare per il legno, magari munendosi di due taglieri, uno per le verdure e l'altro dedicato alla carne e al pesce;
  • Eliminate posate e utensili in plastica, meglio optare per mestoli in acciaio o legno, scolapasta in metallo;
  • Scegliete le pentole con cura: meglio acciaio inox e niente teflon...;
  • Eliminare le bottiglie in plastica, potreste sostituirle con borracce in alluminio (attenzione che siano certificate BPA-free poichè potrebbe essere presente un rivestimento interno che contiene questo interferente endocrino);
  • Al supermercato evitate, quanto più possibile, packaging in plastica (verdura e frutta confezionate, affettati in vaschetta, carne e pesce conservati in vaschette di polistirolo e coperti con la pellicola, lattine di ogni tipo). Prediligete yogurt e legumi in barattoli di vetro. 
Visto quanta plastica potreste risparmiare alla vostra salute e a quella dell'ambiente?

Se volete saperne di più su #SaveHumansThursday, un progetto creato da me e dalla collega e amica dott.ssa Livia Galletti, troverete tutte le informazioni qui.

Seguite gli aggiornamenti sulle nostre pagine Facebook dott.ssa Francesca De Filippis e dott.ssa Livia Galletti.Vi aspettiamo giovedì prossimo! 



Bibliografia




  • Patricia A, Hunt Sheela Sathyanarayana, Fowler PA, Trasande L - Female Reproductive Disorders, Diseases, and Costs of Exposure to Endocrine Disrupting Chemicals in the European UnionThe Journal of Clinical Endocrinology & Metabolism,  2016, 101(4): 1562-1570
  • Rochester JR, Bolden AL - Bisphenol S and F: a systematic review and comparison of the hormonal activity of bisphenol A substitutes - Environ Health Perspect, 2015123:643–650; http://dx.doi.org/10.1289/ehp.1408989
  • GESAMP - Sources, fate and effects of microplastics in the marine environment: part two of a global assessment - (Kershaw PJ and Rochman CM eds). (IMO/FAO/UNESCO-IOC/UNIDO/WMO/IAEA/UN/UNEP/UNDP Joint Group of Experts on the Scientific Aspects of Marine Environmental Protection). Rep. Stud. GESAMP No. 93, 220 p.





mercoledì 9 maggio 2018

Le ricette antispreco: torta di pane raffermo e cioccolato. Settimana 21 #SaveHumansThursday



In Italia ogni giorno vengono buttati circa 1.300.000 kg di pane che comportano l'emissione di circa 355.875 tonnellate di CO2 equivalente all'anno. Le stesse emissioni prodotte da un'auto di media cilindrata alimentata a benzina per percorrere la circonferenza della Terra per ben 67.000 volte. Sono numerosissimi, anche nella tradizione, i piatti nati per recuperare gli alimenti non più freschissimi, ma ancora perfetti per poter essere consumati. Avevate mai pensato di realizzare un dolce per la prima colazione utilizzando del pane raffermo?






Quante volte vi siete trovati ad aprire la dispensa ed interrogarvi sul destino dei vari pezzetti di pane acquistato qualche giorno prima? Gettarli è un vero peccato, ma nessuno in casa vuole più mangiarli, prediligendo il pane fresco. In molti rinunciano a comprare pane, proprio per evitare sprechi.

Difficile dargli torto: a livello globale, ogni anno, 1/3 del cibo viene perduto. Per il progetto SaveHumansThursday abbiamo parlato dei numeri dello spreco in questo articolo.

Secondo i dati dell'Osservatorio Waste Watcher (2016) finiscono in pattumiera il 68% delle confezioni già aperte di verdura, il 31 % della frutta, il 30% dell'insalata e il 17% del pane. Ogni famiglia butta 600 g di cibo al giorno, per un valore di 7 euro, ovvero 2500 euro l'anno (il più delle volte per non aver calcolato correttamente ciò che era necessario acquistare). L'UE getta 90 milioni di tonnellate di cibo e in Italia lo spreco domestico vale 8,4 miliardi di euro l'anno (il 35% dei quali dovuti a sprechi nella distribuzione, nelle case e nella ristorazione). 

Inoltre lo spreco contribuisce al riscaldamento globale. Per produrre e distribuire questi alimenti, infatti, vengono emessi - inutilmente - gas serra







Il pane è ritenuto un alimento a basso impatto ambientale. La Carbon Footprint di 1 kg pane, ovvero la quantità dei diversi gas serra emessi lungo l'intera filiera produttiva dal campo alla tavola, è di circa 750 g di CO2 equivalente. In Italia ogni giorno vengono buttati circa 1.300.000 kg di pane, pari a 475.500.00 kg l'anno, che comportano l'emissione di circa 355.875 tonnellate di CO2 equivalente all'anno. Le stesse emissioni prodotte da un'auto di media cilindrata alimentata a benzina per percorrere la circonferenza della Terra per ben 67.000 volte. Emissioni inutili, lo ripeto, poiché non vengono utilizzate per nutrire nessuno.

E' necessario nei prossimi 20 anni ridurre del 40% le emissioni di gas serra pro-capite. Un buon punto di partenza per questo ambizioso, quanto necessario, obbiettivo potrebbe essere la gestione della dispensa. 

Sono numerosissimi i piatti, soprattutto tradizionali, nati per recuperare gli alimenti non più freschissimi, ma ancora perfetti per poter essere consumati.

Avevate mai pensato di realizzare un dolce per la prima colazione utilizzando del pane raffermo?

Ecco la ricetta che ho utilizzato per preparare questo ottimo dolce:



  • 300 g di pane raffermo (nel mio caso integrale);
  • 500 - 600 ml di latte di mandorla senza zuccheri aggiunti, dipende dal pane (ma è possibile utilizzare anche altre bevande vegetali o latte vaccino);
  • 3 cucchiai di miele (nel mio caso millefiori);
  • 1 uovo di galline ruspanti;
  • 2 cucchiai di cacao amaro in polvere;
  • scorza grattugiata di 1 limone non trattato;
  • 1 cucchiaio di rum;
  • un pugno di mandorle dolci tritate (andranno benissimo anche nocciole, pinoli, pistacchi o anacardi).
Per la glassa di cioccolato:
  • 100 g di cioccolato fondente all'85 o al 90%
  • 50 ml di latte di mandorla senza zuccheri aggiunti
  • cocco rapè per guarnire. 



Ammorbidire il pane raffermo nel latte di mandorla intiepidito e successivamente sbriciolarlo. Io ho utilizzato il mixer. Successivamente aggiungere gli altri ingredienti mescolando fino ad ottenere un impasto omogeneo e asciutto. Versare l'impasto in uno stampo imburrato e cuocere in forno per 40 - 50 minuti a 180 °C. Mentre la torta si raffredda preparare la glassa sciogliendo a bagnomaria il cioccolato nel latte, usatela poi per farcire il dolce. Infine guarnire con cocco rapè.

Il risultato è un dolce a basso impatto glicemico, ricco di fibra (se il pane è integrale), zinco, selenio e polifenoli. Povero di zuccheri semplici. Secondo recenti studi un consumo di 2 quadratini di cioccolato fondente al giorno ha un effetto positivo sulla pressione, contribuisce a regolare i livelli di colesterolo nel sangue e migliora l'elasticità dei vasi. Tali vantaggi sembrano dovuti all'azione sinergica di quercetina, catechine, procianidine e teobromina, un alcaloide che deriva dalla caffeina. 

Se volete saperne di più su #SaveHumansThursday, un progetto creato da me e dalla collega e amica dott.ssa Livia Galletti, troverete tutte le informazioni qui.

Seguite gli aggiornamenti sulle nostre pagine Facebook dott.ssa Francesca De Filippis e dott.ssa Livia Galletti.Vi aspettiamo giovedì prossimo! 






Bibliografia



     


giovedì 3 maggio 2018

L'inquinamento del suolo. Settimana 20 #SaveHumansThursday

Per la #settimana20 di #SaveHumansThursday impariamo qualcosa di più in merito al #suolo, così poco
considerato nella nostra vita di tutti i giorni, ma così fondamentale per il benessere del pianeta Terra e di quello di tutti noi.

Ecco il link all'articolo

mercoledì 25 aprile 2018

Il Glifosato. Parte 2. Cos'è e cosa sappiamo dei suoi effetti sulla salute dell'uomo e dell'ambiente? Settimana 19 #SaveHumansThursday



Alla fine del 2017 la Commissione Europea ha prorogato per altri 5 anni l'autorizzazione al commercio di erbicidi a base di glifosato. Il dibattito è stato acceso e i pareri delle diverse agenzie, preposte al controllo del pericolo e del rischio, discordanti. Cosa sappiamo, ad oggi, riguardo alla possibile cancerogenicità del glifosato, ai suoi effetti sul sistema endocrino e al suo impatto sugli animali e sulla biodiversità delle piante? 





Il glifosato è una sostanza attiva impiegata per la sua azione erbicida su colture arboree ed erbacee e gli erbicidi non selettivi a base di glifosato sono utilizzati per controllare le piante infestanti. In sostanza agiscono su tutta la vegetazione spontanea presente sul campo. 

Sono i pesticidi maggiormente utilizzati nel mondo ed esistono sotto forma di 750 formulazioni, tra le quali il Roundup della Monsanto, collegato alle sementi geneticamente modificate in grado di resistere a questo diserbante (vietate in Europa). Va specificato che, essendo oramai il brevetto scaduto, sono molte le aziende che producono tali formulazioni anche in Europa. 

Persone, piante e animali possono essere esposte in molti modi al glifosato e ai prodotti che lo contengono e tali formulazioni sono 1.000 volte più tossiche del solo principio attivo.

Nel marzo 2015 lo IARC (Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro - organismo dell'OMS) ha inserito il glifosato tra i "probabili cancerogeni" e in grado di danneggiare il DNA. Ne abbiamo parlato per #SaveHumansThursday in questo articolo. Dando il via ad un acceso dibattito, a suon di pareri e pubblicazioni scientifiche, tra le varie agenzie preposte alla valutazione del pericolo e del rischio (tra cui EFSA - Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare- che ritiene improbabile che la sostanza rappresenti una minaccia di cancro per l'uomo), la società civile e il mondo politico culminato il 27 novembre del 2017 con una scelta della  Commissione Europea. In questa data la Commissione Europea, che doveva decidere riguardo alla proroga dell'autorizzazione al glifosato, l'ha rinnovata per altri 5 anni.

Ma siamo ben lungi da qualsiasi conclusione. Gli studi scientifici disponibili ad oggi, su cui si basano i pareri contrastanti delle agenzie e le conseguenti scelte politiche, sono lontani dal poter essere considerati esaustivi. 





By USGS
Il glifosato è usato in maniera massiva soprattutto nei Paesi in cui è permessa la coltivazione di piante OGM resistenti alla molecola, come Stati Uniti, Brasile e Argentina. In questo caso i campi sono irrorati anche dopo la semina. In Europa, dove le piante OGM sono vietate, è tuttavia consentita l'importazione dei prodotti che ne derivano ed è dunque possibile consumare carni di animali nutriti con farine di soia e orzo OGM, entrate in contatto col glifosato anche dopo la semina.  Negli ultimi 20 anni la superficie coltivata a soia OGM è passata da zero a 90 milioni di ettari a livello globale, 22 milioni dei quali si trovano in Argentina.  Proprio  in Argentina, nel 2014, alcuni ricercatori hanno rilevato un'incidenza di cancro 3 volte superiore alla media nazionale nel villaggio di Monte Maiz, nel cuore delle piantagioni di soia. Nello stesso villaggio i bambini nati con malformazioni, secondo i dati rilevati, sono il doppio rispetto al resto del paese. Ma, va detto, non esistono studi approfonditi che dimostrino il nesso causa-effetto tra l'uso del glifosato e tali sofferenze nella popolazione. 

E' il glifosato a far ammalare gli abitanti del villaggio di Monte Maiz o il responsabile di malattie e aumento della mortalità in alcuni allevamenti di bovini tedeschi nutriti con soia OGM importata da questi paesi (qui l'inchiesta sul caso dell'allevatore Sven Krey)?

Cosa possiamo sapere, riguardo agli effetti del glifosato su uomo e ambiente, consultando la letteratura scientifica ad oggi disponibile?








Glifosato : gli effetti sull'uomo.

Partiamo dalle valutazioni dello IARC che nel 2015 ha valutato il glifosato come "probabile
cancerogeno". Va detto che le evidenze su uomo sono al momento limitate, ma esiste il pericolo che l'esposizione a tale erbicida possa provocare il linfoma non-Hodgkin. Tale affermazione, che necessita senz'altro di ulteriori studi, è suffragata, al momento, da alcune indagini epidemiologiche condotte in USA, Canada e Svezia. Inoltre esistono alcune evidenze che il glifosato causi il cancro in animali da laboratorio e danni al DNA umano. E i danni al DNA possono portare al cancro. 

In particolare 3 studi hanno dimostrato un leggero aumento del rischio di sviluppare tumori del sistema linfatico negli agricoltori e nei braccianti esposti al diserbante ad esempio in Colombia, dove il glifosato è stato utilizzato più volte per distruggere le estese piantagioni di coca. In queste zone sono state rilevate alterazioni genetiche delle cellule ematiche degli abitanti, danni che potrebbero essere l'origine di un tumore. 

E veniamo ai dati ricavati da modelli animali. In studi prolungati su animali nutriti con mangimi contenenti glifosato, i topi hanno sviluppato un tumore ai reni (con una probabilità di 1 su 1000 che tale tumore non sia stato provocato dal glifosato). Il tumore ai reni sviluppato è infatti molto raro, in genere, nei topi. Nel corso di un altro studio i topi hanno sviluppato un tumore altrettanto maligno e raro. Sono due esperimenti indipendenti, questo è un dato molto importante poiché rappresenta uno dei criteri dello IARC. Per questo alla domanda - Il glifosato favorisce lo sviluppo tumori?- i ricercatori rispondono - Probabilmente si -

Ma questo non dice nulla rispetto alle probabilità che la malattia insorga davvero. Dunque non disponiamo, per il momento, di dati che ci parlino dell'intensità, del periodo di esposizione e della quantità di glifosato necessario perché un probabile effetto sia possibile. Sono i dati quantitativi che mancano e sui quali molti gruppi di ricerca nel mondo stanno lavorando. Non è un aspetto di poco conto, poiché è quello necessario alle agenzie per quantificare il rischio e permettere ai governi di prendere provvedimenti in merito. 

Inoltre il glifosato è una sostanza sospettata di essere un interferente endocrino, ovvero una sostanza in grado di interferire col normale funzionamento del sistema ormonale. Gli interferenti endocrini ad oggi conosciuti sono implicati nello sviluppo di obesità, diabete, difetti nello sviluppo dell'apparato riproduttore, tumori, endometriosi e infertilità. Se tale ipotesi fosse confermata dalle doverose indagini, il discorso sin qui fatto sui livelli di esposizione e sulle dosi perderebbe di significato. Gli interferenti endocrini, infatti, agiscono a piccole concentrazioni. Sono pertanto sostanze per le quali non esiste una soglia di sicurezza.

L'Istituto Ramazzini e il Dipartimento di Salute Globale della Icahn School of Medicine at Mount Sinai di New York hanno intrapreso una campagna di raccolta fondi per uno studio pilota, già concluso, ed uno studio sistematico e integrato a lungo termine che fornirà ulteriori risposte. Maggiori informazioni le troverete su https://glyphosatestudy.org

I risultati dello studio pilota condotto su topi, che ha comportato l'esposizione per 3 mesi al glifosato, mostrano che gli erbicidi contenenti glifosato, anche quando somministrati a dosi attualmente considerate sicure dall'EPA (United States Environmental Protection Agency), sono in grado di provocare alterazioni del microbioma intestinale e del sistema endocrino, difetti dello sviluppo e lesioni patologiche agli organi bersaglio.

Ma lo studio pilota non può essere considerato esaustivo e non può chiarire le incertezze sulla cancerogenicità. Bisognerà pertanto aspettare i 5 anni necessari per avere i risultati dello studio a lungo termine per ottenere qualche dato in più.  








Glifosato: effetti su ambiente e animali

by Ruben Alexander
Il grande assente nella polemica. Eppure secondo l'ECHA, l'Agenzia Europea per le Sostanze Chimiche, è classificato come sostanza di sintesi con due rischi precisi (ECHA/PR/17/06, Helsinki marzo 2017): rischio di gravi lesioni oculari e tossico per gli organismi acquatici con effetti negativi sul lungo termine. Tutti gli ambienti naturali acquatici e terrestri  che si trovano nelle vicinanze dei campi irrorati possono essere danneggiati da questo erbicida, nonché gli operatori esposti. Molte agenzie, tra cui EFSA e ECHA, hanno dichiarato che questa sostanza è un fattore importante per la diminuzione della popolazione di uccelli, invertebrati (api incluse), pesci, anfibi e mammiferi attraverso la distruzione dell'habitat ma anche con effetti tossici diretti sull'animale. Si tratta di malformazioni, alterazioni della flora microbica in uccelli, bovini, suini.

In Italia è consentito l'uso di glifosato solo prima della semina, ma dopo l'applicazione può percolare nelle acque. Inoltre questa molecola è mediamente persistente nel suolo,  cioè il tempo necessario perché la sua quantità si dimezzi è di 180 giorni. Il suo metabolita AMPA richiede 240 giorni. Dunque anche se i futuri studi dimostrassero che l'entità di residui presenti negli alimenti non sono preoccupanti per la salute umana, il danno ambientale resterebbe comunque. Il monitoraggio della presenza di glifosato nelle acque al momento è effettuato solo in Lombardia e in Toscana. Secondo il rapporto nazionale riguardante i pesticidi nelle acque di ISPRA  (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale) le sostanze che più spesso hanno determinato il superamento della soglia di legge nelle acque superficiali sono il glifosato e il suo metabolita AMPA (in più del 50% dei casi). 

Gli effetti ad oggi noti:


  • perdita di biodiversità delle piante, incluse quelle non infestanti e la maggior parte delle specie acquatiche;
  • perdita di biodiversità del suolo (batteri, funghi, ecc) con ripercussioni negative sulla funzionalità dell’ecosistema;
  • effetti sugli insetti. Per quanto riguarda le api la presenza di glifosato nei bacini idrici e nei fiori spontanei e coltivati potrebbe essere alla base del Colony Collapse Disorder. Ovvero la morte improvvisa dell'intera colonia;
  • effetti genotossici (danni al DNA), neurotossici e danni all'apparato digerente dei pesci per esposizioni a concentrazioni ambientali;
  • effetti su anfibi, uccelli e mammiferi. Diversi studi suggeriscono che dosi molto più basse di quelle utilizzate in agricoltura sono in grado di determinare malformazioni nei girini di rana, mentre studi pluriennali in rimboschimenti di Abete rosso nel Maine (USA) irrorati con Glifosate hanno mostrato una diminuzione del 36% della densità totale di uccelli, soprattutto di specie insettivore. Il glifosato sembrerebbe, inoltre, causare danni al microbioma con conseguente crescita eccessiva dei ceppi patogeni. In tal senso sono disponibili dati per bovini e suini alimentati con soia e mais OGM (di provenienza non europea) e dunque maggiormente esposti al glifosato: infiammazioni intestinali nei suini e possibile aumento del rischio di infezione da Clostridium botulinum nei bovini allevati in Germania negli ultimi 10 anni. 








Esistono alternative al glifosato?



Nella frutticoltura e nell'orticoltura c'è chi sceglie di ricorrere alla pacciamatura (copertura con teli anche in materiali biodegradabili o naturali come la paglia), la zappettatura e il pirodiserbo (l'eliminazioni delle piante infestanti tramite il caldo o il fuoco). Ma è evidente che la scelta di queste tecniche, utilizzate principalmente nell'agricoltura biologica e integrata, comporta un aumento dei costi di produzione e di manodopera. 

Nella cerealicoltura, invece, queste alternative non sono al momento utilizzabili e le uniche possibilità sarebbero la lavorazione del terreno, l'eliminazione meccanica delle erbe infestanti e la rotazione delle colture. Diserbanti altrettanto efficaci, per ora, non ce ne sono. 

D'altronde, per lo meno in Italia, le cose stanno migliorando. Secondo i dati Istat pubblicati nel 2015, i prodotti fitosanitari usati per scopi agricoli sono diminuiti del 45% tra il 2002 e il 2013.

Il vero problema che emerge dal caso del glifosato è nel sistema che abbiamo di produrre e consumare, ovvero massimizzare la produzione con l'obbiettivo di ridurre i costi e migliorare i sempre più ridotti guadagni. Questo sistema, a prescindere dal glifosato, non è sostenibile in termini ambientali. La domanda che tutti dovremmo porci, laddove in futuro il glifosato fosse vietato, è: siamo pronti a rivedere interamente il modo che abbiamo di consumare il cibo, evitare gli enormi sprechi a cui ci siamo assuefatti e rinunciare alla possibilità di reperire continuamente qualsiasi tipo di prodotto? Perché alternative, in assenza di fitofarmaci, non ce ne sarebbero. 


Seguite gli aggiornamenti sulle nostre pagine Facebook dott.ssa Francesca De Filippis e dott.ssa Livia GallettiVi aspettiamo giovedì prossimo! 

Se volete saperne di più su #SaveHumansThursday, un progetto creato da me e dalla collega e amica dott.ssa Livia Galletti, troverete tutte le informazioni qui.



Bibliografia


1. IARC Working Group - “Glyphosate”, in Some organophosphate insecticides and herbicides: diazinon, glyphosate, malathion, parathion, and tetrachlorvinphos -  Vol 112 IARC Monogr Prog, 2015:1–92;

2. European Food Safety Authority - Conclusion on the peer review of the pesticide risk assessment of the active substance glyphosate - EFSA J 2015;13:4302. 

3. European Food Safety Authority - Final Addendum to the Renewal Assessment Report 2015 - http://registerofquestions.efsa.europa.eu/roqFrontend/outputLoader?output=ON-4302 ;

4. European Chemicals Agency -  Global 2000’s report on glyphosate - July 2017, https://echa.europa.eu/-/echa-s-opinion-on-classification-of-glyphosatepublished

5. Manservisi F., Babot C.M., Buscaroli A., Huff J., Lauriola M., Mandrioli D., Manservigi M., Panzacchi S., Silbergeld E.K., Belpoggi F. - An Integrated Experimental Design for the Assessment of Multiple Toxicological End Points in Rat Bioassays - Environ Health Perspect., 2017, Mar; 125(3): 289-295; 

6. Bianco, Valter Bellucci, Carlo Jacomini (Dip. Difesa della Natura, ISPRA) - Effetti del Glifosate sulla qualita ambientale e gli organismi viventi - 2016, https://www.researchgate.net/publication/305198199_Effetti_del_Glifosate_sulla_qualita_ambientale_e_gli_organismi_viventi

7. Clausing PRobinson CBurtscher-Schaden H - Pesticides and public health: an analysis of the regulatory approach to assessing the carcinogenicity of glyphosate in the European Union - 


8. Vandenberg, Laura N et al. - Is It Time to Reassess Current Safety Standards for Glyphosate-Based Herbicides? - Journal of Epidemiology and Community Health, 71.6 (2017): 613–618

9. Schinasi, Leah, and Maria E. Leon. - Non-Hodgkin Lymphoma and Occupational Exposure to Agricultural Pesticide Chemical Groups and Active Ingredients: A Systematic Review and Meta-Analysis.- International Journal of Environmental Research and Public Health 11.4 (2014): 4449–4527.


10. Myers, John Peterson et al. - Concerns over Use of Glyphosate-Based Herbicides and Risks Associated with Exposures: A Consensus Statement - Environmental Health 15 (2016): 19