L'idea mi ronzava in testa da un po'. Mi chiedevo - Servirà l'ennesimo blog in cui si parla di alimentazione?-
D'altronde si tratta del mio lavoro, sarei poco credibile se mi mettessi a scrivere di giardinaggio. Non ho neppure il pollice verde. Sono riuscita a sterminare tutte le piante disgraziatamente affidate alle mie cure. Il più delle volte per eccesso di zelo.
Parliamoci chiaramente: si legge ovunque di cibo. Viene fotografato, è uno dei principali argomenti di conversazione quando si è a tavola, dove naturalmente si mangia.
Non c'è giorno in cui non si parli di diete ad esempio di quella mediterranea di cui molti parlano, ma che non tutti conoscono davvero.
Verrebbe da pensare che le persone, come in molti dicono, ormai sappiano cosa mangiare.
Umberto Eco nel suo editoriale per l'Espresso "Che casino, troppe informazioni" aveva proposto la tesi secondo cui un eccesso di informazione possa portare ad una "censura per eccesso di rumore". L'information overload ha portato certamente ad un arricchimento dell'offerta, ma anche ad un impoverimento nei riferimenti. Come possono le persone riconoscere quali sono le fonti a cui potersi affidare?
Insomma un po come quando Carrie Bradshaw, personaggio della serie televisiva "Sex and the City", esclama:
"Ed eccomi di nuovo con il solito problema: un armadio pieno di vestiti e niente da mettermi!".
Dunque con tutto questo tam tam le persone hanno compreso come alimentarsi?
Secondo i dati OCSE (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico) in Italia le persone in sovrappeso o obese sono il 45 % della popolazione adulta (la media dei Paesi OCSE è del 51,4 %). I dati risultano allarmanti e rispondono in maniera esaustiva alla precedente domanda. Non parliamo solo di paesi che godono di un buon livello di benessere, il problema si sta estendendo anche ad alcuni paesi in via di sviluppo. In alcuni casi è proprio l'impossibilità economica di accedere a cibo con un buon livello nutritivo che costringe a nutrirsi in maniera inadeguata. La malnutrizione non è solo per difetto.
La rivista scientifica "The Lancet" nel 2012 ha dedicato un intero numero alla più grande indagine sulla salute mondiale ad oggi condotta, ovvero il Global Burden of Disease (bilancio globale della salute), elaborato per conto dell'OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità). Nello studio si valuta la diffusione di moltissime condizioni che compromettono lo stato di salute dell'uomo.
Ne emerge che un terzo della popolazione mondiale ha problemi di nutrizione.
Per l'esattezza 868 milioni di persone nel mondo (ovvero 14 volte l'attuale popolazione italiana) sono malnutrite e 1,5 miliardi soffrono di sovrappeso o obesità.
Ogni anno nel mondo ci sono 36 milioni di decessi per insufficiente apporto i cibo e 29 milioni di decessi per le conseguenze di un apporto eccessivo di cibo.
Per la prima volta nella storia il rischio di mortalità per patologie legate alla cattiva alimentazione ha superato quello relativo a malattie determinate da insufficiente apporto calorico.
Questo è il paradosso. E sia ben chiaro che sono le due facce di uno stesso problema per il quale non esistono soluzioni semplici o veloci, nonostante l'attuale capacità produttiva nel mondo sia superiore al fabbisogno e quindi in grado di soddisfare le esigenze alimentari del pianeta.
Spesso ci si avvicina al cibo pensando esclusivamente al suo apporto calorico che è certamente un aspetto di cui tener conto, ma non l'unico.
Bisognerebbe iniziare a domandarsi perché alcuni cibi, ormai non sappiamo neppure più il perché, sono caduti nella black list di ciò che non si può assolutamente mangiare. Ma anche interrogarsi sull'impatto ambientale del sistema agro-alimentare dalla produzione al consumatore finale in termini di emissioni di gas serra, acqua consumata, sprechi alimentari, accaparramento delle terre e sfruttamento delle risorse dei paesi più poveri senza alcun beneficio per le comunità locali. Ovvero utilizzare i sistemi agricoli in modo da non compromettere la fertilità dei suoli, la biodiversità e limitare i cambiamenti climatici. Se non parliamo di questi aspetti non vi è alcuna sostenibilità e di conseguenza neppure salute o benessere per l'uomo.
E' necessario cambiare non solo il modo di produrre, ma anche quello di consumare.
Secondo i dati OCSE (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico) in Italia le persone in sovrappeso o obese sono il 45 % della popolazione adulta (la media dei Paesi OCSE è del 51,4 %). I dati risultano allarmanti e rispondono in maniera esaustiva alla precedente domanda. Non parliamo solo di paesi che godono di un buon livello di benessere, il problema si sta estendendo anche ad alcuni paesi in via di sviluppo. In alcuni casi è proprio l'impossibilità economica di accedere a cibo con un buon livello nutritivo che costringe a nutrirsi in maniera inadeguata. La malnutrizione non è solo per difetto.
La rivista scientifica "The Lancet" nel 2012 ha dedicato un intero numero alla più grande indagine sulla salute mondiale ad oggi condotta, ovvero il Global Burden of Disease (bilancio globale della salute), elaborato per conto dell'OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità). Nello studio si valuta la diffusione di moltissime condizioni che compromettono lo stato di salute dell'uomo.
Ne emerge che un terzo della popolazione mondiale ha problemi di nutrizione.
Per l'esattezza 868 milioni di persone nel mondo (ovvero 14 volte l'attuale popolazione italiana) sono malnutrite e 1,5 miliardi soffrono di sovrappeso o obesità.
Ogni anno nel mondo ci sono 36 milioni di decessi per insufficiente apporto i cibo e 29 milioni di decessi per le conseguenze di un apporto eccessivo di cibo.
Per la prima volta nella storia il rischio di mortalità per patologie legate alla cattiva alimentazione ha superato quello relativo a malattie determinate da insufficiente apporto calorico.
Questo è il paradosso. E sia ben chiaro che sono le due facce di uno stesso problema per il quale non esistono soluzioni semplici o veloci, nonostante l'attuale capacità produttiva nel mondo sia superiore al fabbisogno e quindi in grado di soddisfare le esigenze alimentari del pianeta.
Spesso ci si avvicina al cibo pensando esclusivamente al suo apporto calorico che è certamente un aspetto di cui tener conto, ma non l'unico.
Bisognerebbe iniziare a domandarsi perché alcuni cibi, ormai non sappiamo neppure più il perché, sono caduti nella black list di ciò che non si può assolutamente mangiare. Ma anche interrogarsi sull'impatto ambientale del sistema agro-alimentare dalla produzione al consumatore finale in termini di emissioni di gas serra, acqua consumata, sprechi alimentari, accaparramento delle terre e sfruttamento delle risorse dei paesi più poveri senza alcun beneficio per le comunità locali. Ovvero utilizzare i sistemi agricoli in modo da non compromettere la fertilità dei suoli, la biodiversità e limitare i cambiamenti climatici. Se non parliamo di questi aspetti non vi è alcuna sostenibilità e di conseguenza neppure salute o benessere per l'uomo.
E' necessario cambiare non solo il modo di produrre, ma anche quello di consumare.
Bibliografia
- Global Burden of Desease Study 2010, The Lancet, dec 2012
- OECD (2011), Health at a Glance 2011: OECD Indicators, OECD Publishing
- Food for Healt, BCFN, 2013